domenica 9 novembre 2014

Il cerchio - Dave Eggers - Mondadori, 4 novembre 2014 + Federico Rampini: La sindrome di Eggers. L'incubo americano ha un nuovo profeta @ La Repubblica 19.12.2013 + Fabio Chiusi The Circle di Dave Eggers, l'incubo dei social network @ Wired.it - 20Nov2013




Mae Holland crede di aver fatto il colpo della vita quando viene assunta al Cerchio, la più influente azienda nella gestione di informazioni web (un incrocio tra Facebook e Google). Inizialmente Mae è eccitata dal nuovo lavoro: gli open space avveniristici, le palestre e le piscine distribuite ai piani, la zona riposo con i materassi per chi si trovasse a passare la notte al lavoro, le feste organizzate e le gare sportive, i club e perfino un acquario con rarissimi pesci tropicali... Mae continua a considerarsi fortunata anche quando la vita al di fuori del Cerchio non è più altro che un miraggio lontano, anche quando un ex collega cerca di farla riflettere su qualche operazione di cui le sfuggiva il senso, anche quando la sua stessa vita inizia a diventare sempre più pubblica, trasparente al mondo esterno. Presto quella che sembrava la storia delle idealiste ambizioni di una donna diventa una storia di suspense, un'indagine a tutto campo sulle questioni della memoria, della privacy, della democrazia e dei limiti (valicabili o meno) posti alla conoscenza umana.


La sindrome di Eggers. L'incubo americano ha un nuovo profeta di Federico Rampini, la Repubblica, 19/12/2013
Viene citato da intellettuali e Casa Bianca, secondo molti è "l'Orwell di oggi". Tutto grazie al suo romanzo distopico "The Circle".

New York.
Quando il settimanale inglese The Economist di recente dedica la copertina allo spionaggio su Internet, inizia e conclude l'inchiesta citando The Circle. Sul New York Timese sulla New York Review of Books gareggiano le grandi firme della fiction e della critica americana per recensirlo, da Margaret Atwood a Ellen Ullman a Michiko Kakutani. Lo scrittore Jonathan Franzen rincara la dose denunciando a sua volta un «tecno-consumismo che si ammanta di falsa retorica umanistica ». The Guardian, che scatenò lo scandalo Datagate grazie al duo Edward Snowden-Glenn Greenwald, esalta The Circle come «la più preveggente satira di Internet», chiamando in causa tra gli antenati illustri perfino Jonathan Swift. E quando questa settimana Barack Obama ha ospitato alla Casa Bianca un summit con i grandi capi dell'economia digitale, i chief executive di tutta la Silicon Valley, c'è chi giura che le citazioni di The Circle abbondassero nella infuocata discussione a porte chiuse. Nella blogosfera infuriano anche attacchi velenosi, esperti di informatica che accusano l'autore di incompetenza tecnologica.

Dave Eggers ha fatto centro un'altra volta. The Circle è in questo momento il romanzo che bisogna aver letto, per amarlo o detestarlo, per poterlo citare nei talkshow e nei salotti, per usarlo a proposito e a sproposito come allegoria del nostro tempo. Se vuoi capire dove ci sta portando lo spionaggio invasivo della National Security Agency, o la dittatura della visibilità 24 ore su 24 attraverso i social network, non puoi più fare a meno di confrontarti con il Cerchio. Lo hanno già paragonato al 1984 di George Orwell, e le somiglianze sono evidenti. Anzitutto l'appartenenza a un genere letterario di grande successo nel mondo anglosassone (e non solo), la cosiddetta "dystopia" che è un'Utopia rovesciata: il mondo del futuro come un luogo aberrante, spaventoso. In comune con le "dystopie" orwelliane ( 1984 e anche La fattoria degli animali) il Cerchio di Eggers ha due cose: l'attenzione alle nuove tecnologie per le loro conseguenze sulla comunicazione, il linguaggio, l'accesso all'informazione; e il possibile uso di queste tecnologie nella costruzione di un sistema totalitario. Al posto dell'Urss che era la principale fonte d'ispirazione di Orwell, oggi Eggers mette un conglomerato privato che è la fusione di Google, Facebook, Twitter. Come si addice a una "dystopia", tutto comincia con le migliori intenzioni: costruire il Regno dell'Utopia. L'esordio del romanzo descrive l'arrivo di una ventenne neo-laureata in una sorta di Giardino dell'Eden. Per chi c'è stato, sono evidenti le somiglianze con Googleplex cioè il quartier generale, detto "campus", di Google nella Silicon Valley. Paradisiaco davvero per la qualità del lavoro e delle relazio- ni umane che promette. «Siamo una comunità», sente ripetersi spesso l'eroina, Mae Holland.

Poi arriva il rovescio della medaglia. Ben presto Mae Holland diventa la rotellina di un sistema invasivo, la complice e collaboratrice di un progetto demoniaco. Si comincia sempre con le migliori intenzioni. Ad esempio: pretendere dai politici la massima trasparenza. Vuoi essere deputato o senatore al Congresso degli Stati Uniti? Devi abbandonare ogni diritto alla privacy, sottoporti alla vigilanza permanente 24 ore su 24 del popolo sovrano. Telefonate, email, spese con carte di credito, rapporti sessuali: tutto devono sapere di te i tuoi elettori. Se ti rifiuti, vuol dire che hai qualcosa da nascondere. Dapprima pochi pionieri accettano questo patto mefistofelico con il Cerchio, in cambio dei consensi che l'azienda privata è in grado di promettere. Ben presto tutti i politici sono costretti ad accettare il diktat, altrimenti scatta contro di loro una caccia alle streghe. Mae si sottopone lei stessa a un esperimento di "vita in pubblico", con micro-camere e sensori che registrano ogni suo gesto quotidiano e lo espongono a decine di milioni di spettatori. È lei, mentre scala rapidamente i gradini della carriera gerarchica dentro l'azienda, a inventare alcuni slogan di successo. «I segreti sono bugie». «La privacy è furto ». I benefici per la collettività ci sono, inutile discuterlo. Per esempio un ingegnoso sistema di monitoraggio digitale attraverso micro-sensori è in grado di debellare la pedofilia, le violenze e i sequestri di minorenni: sorvegliati 24 ore su 24, i bambini non possono più finire nelle grinfie di un criminale o di un maniaco sessuale.

Ma The Circle si rivela anche intollerante verso il dissenso, esterno o interno. Anche il semplice cittadino che cerca di fuggire lontano dal mondo, rifiuta la trasparenza obbligatoria, viene braccato come un criminale (è il caso dell'ex amante di Mae, che fa una gran brutta fine). Anche uno dei capi della cupola, uno dei fondatori del Cerchio, assalito da rimorsi e crisi di coscienza, deve subire una sorta di esilio interno che lo renda inoffensivo.Transparent Man, questo è il nostro futuro, Eggers lo ha visto in faccia e si ritrae inorridito. Il genio dello scrittore è agevolato dalle sue radici californiane: sa riprodurre con maliziosa ironia il "politically correct" dei progressisti della West Coast. The Circle è una dittatura soft, ambientalista, animalista, amica di tutte le minoranze perseguitate. Guai a non sottoscrivere l'ultimo appello in difesa di tibetani perseguitati, tribù dell'Amazzonia minacciate di estinzione, popoli africani stremati dalle guerre civili. The Circle difende i deboli e gli oppressi. «Fare il bene», dopotutto, fu la ragione sociale che Google si scelse, all'epoca del suo primo collocamento in Borsa.


The Circle di Dave Eggers, l'incubo dei social network

di Fabio Chiusi @ Wired.it - 20Nov2013

Immaginate una Rete governata da un solo organismo: un ibrido tra Google, Facebook e Twitter. Ecco cosa aspettarsi dal nuovo romanzo dello scrittore americano


The Circle di Dave Eggers è una lettura burocratica, noiosa a tratti. E quindi perfetta. Perfetta per descrivere un mondo in cui alla privacy si è sostituito un orrendo fantoccio della trasparenza in cui tutto diviene visibile e al contempo inutile, superfluo, ridondante, insulso. Pubblico, e quindi regolamentato. Una burocratizzazione sociale, che più delle norme si affida alle pressioni reciproche tra individui e gruppi umani, tipica delle distopie. In quella di Eggers, l'ambientazione anti-utopica è tutta interna a un'azienda, The Circle appunto, che offre al contempo un social network, un sistema di pagamento e di gestione delle password, un servizio mail e per la raccolta e la computazione delle preferenze degli utenti. Google più Facebook più Twitter, tutto in uno. Un monopolio che finisce per coincidere con Internet, in cui l'anonimato scompare (e  dunque i troll, ipotizza l'autore non si capisce se facendo satira di un assunto erroneo o adottandolo a sua volta) e si è sempre i  veri se stessi. Non a caso il prodotto principale, TruYou, assegna "un profilo, una identità, una password, un sistema di pagamento, per persona". Un misto della  real name policy imposta – con scarso successo – sul web cinese e di soluzioni per la gestione accentrata delle password già esistenti, come OneID o Authentitify xFA. Il risultato? Non solo un incubo di controllo, ma un mondo in cui tutto è terribilmente vuoto

Se Eggers si ispira dichiaratamente a 1984 di George Orwell, adottando perfino l'equivalente dei tre slogan del SocIng nell'era iperconnessa ( Secrets are lies, Sharing is caring e Privacy is theft), è al Processo di Franz Kafka che la mente corre continuamente mentre per decine e decine di pagine l'autore ci racconta con minuziosa e satirica precisione il numero di aggiornamenti di status, zing (l'equivalente dei nostri tweet) e commenti che la protagonista, Mae, compulsa nel frenetico e disperato tentativo di soddisfare i clienti del colosso informatico (è il suo lavoro), rimanere aggiornata sugli eventi che si svolgono nel campus aziendale (alcuni obbligatori, altri no ma come lo fossero), condividere pareri e sensazioni su indiscriminatamente tutto e magari chattare con il capo e i colleghi e i commentatori e gli utenti e insomma sbrigare buona parte delle faccende ordinarie che affrontiamo in contemporanea ogni giorno della nostra vita connessa. Se una verosimiglianza va ricercata in questo romanzo, che è caricatura di una ideologia del presente,  quella di Silicon Valley, più che di Silicon Valley e del nostro futuro, è proprio nella corrispondenza tra lo stile, asciutto, gelido della stesura e i contenuti che illustra; tra la vita di Mae che, come le rinfaccia la vecchia fiamma Mercer, non " è più molto interessante" proprio perché sempre pubblica, trasparente, visibile e il racconto di come dentro la sua (la nostra?) smania di condivisione si celi, al fondo, una noia esistenziale tremenda, un vuoto che si finge un pieno di attività e interessi completamente privi tuttavia di ogni significato profondo. 

Certo, Eggers si premura di lanciare riferimenti continui a noi, al presente e alla cronaca. Quando immagina il fondatore di The Circle sia un venticinquenne in felpa e cappuccio con sindrome di Asperger e pesanti dosi di disagio sociale. Quando ne modella i vertici, l'organizzazione e la filosofia aziendale a immagine e somiglianza di quelli di Google. Quando si chiede, parafrasando le celebri parole del presidente di Mountain View, Eric Schmidt ( "se c'è qualcosa che vuoi che nessuno sappia, forse non dovresti farlo"), "se non sei trasparente, cosa hai da nascondere?". Ma è errato giudicare il romanzo come un documentario sull' industria del web sociale, una descrizione e una denuncia accurata esattamente dei colossi che oggi lo monopolizzano. È lo stesso Eggers a dirlo, al  New York Times che gli chiedeva se, scrivendo il libro, stesse pensando a qualche azienda in particolare(Google, Facebook): "Assolutamente no, non ho mai visitato un campus di un colosso tecnologico", e "non so niente di particolare su come siano effettivamente gestiti". Dice ancora Eggers: «Volevo che 'The Circle' fosse completamente a se stante", semplicemente un monopolista fittizio che riesce, in appena un anno, a rimpiazzare tutti gli altri. "Credo potrebbe succedere", è la preoccupazione dell'autore, che si traduce nella metafora del completamento del Cerchio, ossia della realizzazione del piano di risolvere ogni problema umano (sociale, affettivo, politico, economico) attraverso la trasparenza assoluta, la datizzazione di ogni aspetto delle nostre vite, la loro trasmutazione in quantità computabili all'interno di sofisticate analisi di  big data che dovrebbero restituirci la formula esatta per consumare il numero corretto di calorie, camminare esattamente quanto serve per rimanere in salute, sviluppare legami utili e duraturi, fare carriera, divertirsi. 

Molta della critica a Eggers pare non avere inteso che lo scopo dell'autore è mettere a nudo un atteggiamento ideologico, più che dei comportamenti veri e propri. Una filosofia politica, più che un mercato. Eggers, in sostanza, pur non conoscendo per sua stessa ammissione la realtà quotidiana di Silicon Valley o la teoria del digitale (qualunque cosa essa sia), sta ripetendo in veste letteraria un monito sempre più attuale: se le ideologie politiche in senso proprio sono finite col Novecento, ne resta una, essenzialmente fondata sul mito di un progresso inevitabile e necessariamente buono attraverso la tecnologia e in particolare Internet, non meno pericolosa e fuorviante. Lo scrittore la chiama infocomunismo, ma non è altro che la riedizione degli incubi collettivisti degli autori distopici dell'ultimo secolo. Al Partito Unico si sostituisce l' Azienda Unica; all'uomo massa, l'utente massa che crede di trovare la sua unicità nei contenuti iperpersonalizzati di cui può gratuitamente fruire (ma a prezzo di non avere più alcun diritto di riservatezza) e che in realtà si scopre massificato, catalogato, imprigionato nel conformismo proprio come il cittadino di un qualunque totalitarismo, vero o immaginario. Cambia il contesto, la descrizione, ma il messaggio è lo stesso. Cambiano anche le parole con cui vendere l'utopia che si torce nel suo rovescio: condivisione, trasparenza, intelligenza collettiva diventano così, nella loro accezione estrema, la nuova giustificazione intellettuale e morale del dominio assoluto sull'individuo e le sue libertà. Una estremizzazione delle riflessioni in forma saggistica dello scienziato politico  Evgeny Morozov, di cui Eggers sembra mutuare i concetti di fondo: il fine quasi millenaristico del tecnoutopismo di condurre al perfezionamento umano tramite la rete, l'idea soluzionista di fare di ogni questione politica un problema matematico, risolvibile in un numero determinato e finito di passaggi logici, quella «Internet-centrista» che vede ogni questione umana porsi nei termini della sua relazione con il web. Anche qui, come nel nostro mondo, il dominio si esercita senza coercizione, e senza pentimenti. 

Se, come scrive John Joseph Adams nell'introduzione al volume Brave New Worlds, usiamo il terminedistopia "per descrivere una società che si oppone alla vita", un mondo in cui «è la società stessa l'antagonista" ed "è la società che si sta adoperando attivamente contro gli obiettivi e i desideri del protagonista", quella di Eggers non è nemmeno definibile come distopia. Perché in Mae non c'è pentimento, non ci sono dubbi, non ci sono ostacoli che l'azienda innalza tra lei e i suoi progetti, tra lei e la sua  felicità – il vero contraltare della libertà nella tradizione anti-utopica, a partire dal terribile dilemma posto dal Grande Inquisitore: quale avremmo scelto, se avessimo potuto interpellare Dio? E siamo in grado di reggere il peso, da Lui affidatoci, del nostro essere liberi o avremmo preferito una servitù volontaria nel nome del benessere? Eggers ha una risposta utilitarista, riduzionista, simile a quella di Aldous Huxley e al suo Mondo nuovo: se possiamo affidare a un algoritmo, a soluzioni esatte, perfette, computabili, la realizzazione ineffabile della felicità, siamo ben lieti di abdicare ai nostri diritti fondamentali. Lo scrive perfettamente Margaret Atwood, l'autrice di capolavori come  The Handmaid's Tale e  Oryx and Crake, nella sua recensione per la  New York Review of Books"alcuni diranno che 'The Circle' è una distopia", si legge , "ma non c'è il sadismo del tiranno che frusta gli schiavi in questa America immaginaria". Piuttosto, i cittadini si adoperano al "miglioramento del mondo": sradicare il crimine piazzando una videocamera collegata a Internet a ogni angolo (un pensiero sempre più comune e accettato nelle nostre città, grandi e piccole, nonostante gli scarsi risultati ottenuti), abbattere la violenza domestica tramite sensori che tracciano movimenti anomali e li segnalano in tempo reale ai vicini, monitorare in ogni momento i propri figli a scuola (esattamente come ipotizzato a  Vigevano non più tardi del 18 ottobre scorso), rivoluzionare la democrazia attraverso referendum istantanei continui (una forma di  click-democracy familiare a una visione semplicistica ma ancora esistente del rinnovamento della politica tramite il digitale) – perché solo "piena partecipazione significa piena conoscenza"

Non c'è miseria, non ci sono guerre né scenari post-atomici, nota Atwood, ma giovani brillanti e in carriera, con stipendi da capogiro e una vita sociale apparentemente travolgente, appagante, dove la noia non è contemplata (pur finendo, come detto, per investire tutto). Ma non serve il sibilo delle fruste, il tallone di ferro di Jack London che schiaccia i volti ora e per sempre, ancora e ancora, per dipingere un incubo. Basta il rumore dei tasti battuti sulla tastiera, senza sosta, suggerisce Eggers. Che, inoltre, del genere distopico mutua diversi elementi. Il tema della separazione tra i due mondi, per esempio: quello perfetto (anche se perfettamente negativo) del nuovo ordine anti-utopico, e quello ordinario, imperfetto, che tenta di resistergli. "Ci saranno due umanità", dice Mercer incarnando la posizione del tecnoscettico, "separate ma parallele". Una iperconnessa, l'altra di sconnessionisti, come li definisce Nathan Jurgenson. Non è che l'aggiornamento delle barriere che dividono le società immaginarie di Atwood, Yevgeny Zamyatin in  We (da cui è presa anche l'idea delle stanze trasparenti nella mensa aziendale) e nello stesso Mondo Nuovo di Huxley. Fonte di svariate analogie: anche in quel testo, profetico, c'è il selvaggio, colui che rifiuta il progresso collettivo e necessario dell'ordine sociale. Anche lì c'è un'idea di condizionamento dei comportamenti che tuttavia viene percepito come naturale, migliorativo delle proprie condizioni di vita, anche se all'eugenetica huxleiana è sostituita l'analisi predittiva dei  sentiment espressi in rete, in cui il  deviante non è il geneticamente difettoso, ma colui il quale sia additato come tale dagli algoritmi che prevedono comportamenti, capacità di spesa, speranza di vita e già oggi costringono studiosi come Viktor Mayer-Schönberger a immaginare che il futuro prossimo sarà anche una battaglia per liberarsi della loro dittatura. Anche in Huxley, soprattutto, c'è il progetto folle di assoggettare l'intera nozione della conoscenza alla ragione matematica. "Non sembra esserci una buona ragione per cui una dittatura scrupolosamente scientifica potrebbe essere mai rovesciata", scrive Huxley in  Brave New World Revisited, e il pensiero va alle pagine in cui Eggers snocciola il motto e la filosofia di The Circle"tutto ciò che succede deve essere conosciuto". Ma conosciuto come si conosce nell'era del big data: tramite semplici correlazioni, non indagando le cause. Se interessa il  cosa, non il  perché, ecco che la conoscenza diventa sinonimo di condivisione, proprietà essenziale del  network stesso, come argomenta David Weinberger in  Too big to know. Insomma, il sapere diventa tutt'uno con la statistica, in esso si esaurisce. E cosa altro è se non un a "dittatura scrupolosamente scientifica" quella basata sull'incrocio e l'analisi delle immense quantità di dati sui noi stessi che volontariamente rendiamo pubbliche in rete, al punto che Eggers immagina ci sia un numero minimo di contenuti quotidiani che i dipendenti di The Circle devono postare online, o addirittura che avere un profilo sul suo social network sia obbligatorio per esercitare il proprio stesso diritto di voto (istantaneo)? Datizzazione, felicità, burocrazia diventano sinonimi. Così gli individui diventano avatar colmi di microregole, sempre indaffarati in microattività, microcelebrità tenute in costante stato di fanciullezza ed evasione, la cui creatività è continuamente sollecitata in apparenza ma di fatto è a questo modo completamente sterilizzata. 

C'è un passaggio di  The Perfectibility of Man di John Passmore che sembra steso appositamente per andare al fondo delle questioni poste da Eggers: " De Tocqueville ha predetto molto tempo fa che la società avrebbe sviluppato un nuovo tipo di servitù che 'ricopre la superficie della società con una rete di piccole, complicate regole; attraverso cui le menti più originali e i caratteri più vitali non possono penetrare (…). Non tirannizza ma comprime, snerva e stupisce un popolo, fino a quando ogni nazione non è ridotta a niente altro che a un gregge di animali timidi e industriosi di cui il governo è il pastore' (Democracy in America, capitolo XXXIV, p. 580). In altre parole", si legge ancora, è una forma di perfezione realizzata: "'Sarà', dice, 'una società che cerca di mantenere i suoi cittadini in uno stato di perpetua infanzia; cercherà di preservarne la felicità ma scegliendo di esserne il solo agente e arbitro'".In questo affidamento del monopolio della gioia a un'azienda privata sta il nocciolo della distopia di Eggers, e a poco o nulla vale rimarcare che la rete dello scrittore è quella di "chi non la capisce" (Graeme McMillan) o che Eggers ha mal compreso Silicon Valley ( Felix Salmon,  Nitasha Tiku,  Jessica Winter), perché il rischio di stare affidando non solo i nostri dati, ma anche le nostre speranze, a società che dietro la maschera del benefattore celano ben più cinici interessi di business è concretissimo. Così come concretissima è la provocazione sulla confusione di pubblico e privato che entità come Google o Facebook promuovono, non troppo diversamente da The Circle, comportandosi come attori quasi statali ma senza dover rispettare pesi e contrappesi tipici delle istituzioni democraticamente elette. Non a caso l'accusa, nel finale, rivolta a Mae contiene un monito ben preciso: " La barriera tra pubblico e privato deve rimanere inscalfibile». Se quella barriera crolla l'«incubo totalitario" si realizza, e attraverso una moralizzazione di Internet e dei comportamenti umani. Un web "più civile, più elegante"che è l'obiettivo dichiarato dei vertici dell'azienda: una rete senza provocatori, minacce, pedofili, neonazisti, senza odio né violenza. Senza  dissenso, è il passaggio logico seguente ben evidenziato dall'autore: i tanti che, anche in Italia (dal presidente della Camera Laura Boldrini in giù), immaginano che una situazione simile sia utopica e non il suo contrario avranno motivo di ricredersi leggendo le quasi cinquecento pagine dello scrittore de  L'opera struggente di un formidabile genio e  Conoscerete la nostra velocità. Perché la moralità di massa, il curarsi del prossimo a colpi di click che non possono costitutivamente nuocere a nessuno, si può ottenere, sembra suggerire Eggers, in dosi crescenti e direttamente proporzionali al grado di visibilità e trasparenza di ogni individuo. Ma all'aumentare dell'intrusione nella loro privacy, e al moltiplicarsi delle occasioni di sorveglianza incrociata, dal basso, tra cittadini (la  sousveillance che per esempio la California sta adottando per controllare gli abusi della polizia), non moltiplica solamente l'intenzione di mantenersi entro i canoni del costume, dell'educazione e della moralità, ma anche – e in maniera esponenzialmente maggiore – la vulnerabilità nei confronti del potere. E di un potere subdolo, che non si presenta con il volto severo del Grande Fratello ma con quello sorridente dei propri amici online, e dei giovani utopisti che sognano – come i fondatori di The Circle'– di usare "i social media per creare un mondo più sicuro e più sano". Certo, il romanzo di Eggers non è privo di difetti. Se la discesa nell'inferno della trasparenza è raccontata passo per passo, manca invece ogni riflessione su cosa significhi mantenere quello stato di continua esposizione non per qualche giorno o settimana, ma per anni, decenni. La società futura dei senza privacy è appena abbozzata, ma  Alexis Madrigal ha ragione quando scrive, su The Atlantic, che non si capisce per quale ragione migliaia se non milioni di persone dovrebbero interessarsi a uno streaming in tempo reale di cosa fa un impiegato, per quanto eccellente, di un'azienda come The Circle' Soprattutto, non si capisce come dovrebbe fare a esercitare la sua funzione costante di controllo sociale nel momento in cui le fonti di trasmissione video – in aggiunta ai contenuti scritti pubblicati in rete – dovessero moltiplicarsi con la velocità e la pervasività che immagina Eggers. "Quasi nessuno guarda i livestream di alcunché, al di fuori delle proteste di Occupy, delle presentazioni di Apple, di cuccioli e sport", scrive Madrigal sottolineando come Eggers sbagli anche a dare così tanto peso nella sua distopia alle tecnologie video. Un aspetto che rivela, continua, che il vero errore di fondo nell'impostazione dell'autore non sia tanto non aver compreso l'industria tecnologica ma le motivazioni umane. Ma anche qui, è evidente come le masse non siano le bestie da condivisione dipinte nel romanzo, come è evidente che non producano solo chiacchiere totalmente inutili in rete. Il punto è comprendere quanto il loro innamoramento per la visione del mondo propagandata da The Circle (che non è, di nuovo, immediatamente identica a quella di nessuna azienda in particolare) possa condurre a idiozia, conformismo, distrazione. E quanto di tutto questo si possa tradurre nel nostro mondo. Il rapporto è quello tra la caricatura e la replica: la prima ci dice della seconda attraverso l'esagerazione; descrive deformando. Ed è questo il grosso merito del volume di Eggers: mette in guardia in termini semplici, immediatamente comprensibili (perché familiari), dal rischio che a furia di postare e condividere e cliccare e commentare la nostra diventi una società la cui ossatura sia fatta di tante Mae. Di individui cioè completamente dipendenti dalle tecnologie per esprimersi, amare, esistere. Dipendenti al punto di non accorgersi della propria dipendenza e anzi – altro tratto prettamente distopico – di finire per vivere il non condiviso (nel caso di Mae, una uscita in kayak in perfetta solitudine) come una  colpa, una privazione indebita nei confronti dei diritti assoluti di conoscenza del prossimo, addirittura un crimine. 

E invece, si chiede uno dei fondatori di The Circle"Chi mai farebbe qualcosa di immorale o di illegale se sapesse di essere osservato?". Ponendo questa questione, Eggers incide nella carne del presente, di una società che a livello collettivo e globale deve esattamente comprendere come comportarsi ora che, dopo lo scandalo NSA, ha scoperto che, morale o immorale, legale o illegale, ogni suo gesto è davvero osservato. Gli individui intrisi di tecnoutopismo di 'The Circle' smettono di compiere reati e di avventurarsi in azioni immorali. Noi, che a quell'ideologia siamo esposti ma non la sposiamo sempre nel modo acritico satirizzato da Eggers, non possiamo che provare a immaginare che ne verrà. Tutto sommato, il suo romanzo non è altro che un tentativo di accompagnare la nostra immaginazione, avvertendoci delle possibili insidie che troveremo sul cammino. 



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