Mann, Freud
e i veri «sonnambuli»
di Damiano Palano
@ Avvenire 16 agosto 2013
Nell’estate del 1926, durante una vacanza in Versilia, Thomas Mann ebbe modo di assistere all’esibizione dell’illusionista toscano Gabrielli, un personaggio sinistro che vantava facoltà di trasmissione del pensiero e suggestione. Nel corso dello spettacolo Gabrielli diede fondo al suo repertorio, e in particolare dimostrò la propria abilità di ipnotizzatore inducendo un giovane cameriere a mimare scenette di innamoramento che scatenarono l’ilarità del pubblico. La vicenda non ebbe alcun seguito rilevante, ma lo scrittore tedesco rimase tanto impressionato dall’episodio da farne il brogliaccio di un suo celebre racconto, Mario e il mago.
A differenza di quanto era avvenuto nella realtà il racconto si chiudeva però tragicamente, perché alla fine l’illusionista finiva ucciso con un colpo di pistola da Mario, il timido cameriere soggiogato. Per Mann, Mario e il mago non era altro che una grande metafora dell’Italia sedotta da Mussolini e ormai priva di libertà. Ma il racconto era anche uno degli ultimi residui di una vera e propria moda culturale, che aveva imperversato nell’Europa della seconda metà dell’Ottocento, e i cui contorni sono ricostruiti con grande nitidezza da Clara Gallini in La sonnambula meravigliosa. Magnetismo e ipnotismo nell’Ottocento italiano, un libro uscito per la prima volta trent’anni fa e ora meritoriamente ripubblicato (L’Asino d’oro, pp. 397, euro 20.00).
Le radici del fenomeno affondavano alla fine del Settecento, ossia nel momento in cui Franz Anton Mesmer ritenne di aver scoperto il "magnetismo animale", una nuova forma di energia, utilizzabile anche a fini terapeutici. Ma solo verso la metà del XIX secolo il magnetismo divenne una moda culturale, sia nelle classi sociali più abbienti, sia nel mondo popolare. L’intera Europa si riempì di gabinetti di magnetizzatori, che promettevano di risolvere gravi problemi di salute mediante l’ipnosi. E, contemporaneamente, i palchi dei teatri e i baracconi delle fiere si affollarono di magnetizzatori e sonnambule, che invariabilmente accampavano facoltà di chiaroveggenza. Per molti versi, la passione popolare per il magnetismo, l’ipnosi e le "sonnambule meravigliose" rappresentava una reazione al positivismo dell’epoca, alla fiducia cieca riposta nella scienza e nel progresso.
Ma gli stessi studiosi positivisti furono tutt’altro che sordi al fenomeno. Anzi, tutti i principali esponenti delle nuove scienze positive si dedicarono con grande attenzione al magnetismo. Tanto che, a un certo punto, proprio il meccanismo della suggestione ipnotica divenne una chiave di lettura per spiegare quasi tutto, dalla logica dei criminali al comportamento delle folle, fino alle stesse basi della società, che Gabriel Tarde definì, per esempio, come una condizione di perenne sonnambulismo. Di lì a poco, proprio partendo dalla sperimentazione dell’ipnosi, Freud avrebbe cominciato a tracciare (e in qualche modo, a "inventare") i confini dell’inconscio. Ma a quel punto della passione ottocentesca per il magnetismo rimaneva ben poco. La "suggestione" poteva così perdere quell’alone di "meraviglioso" che l’aveva circondata. E la "personalità magnetica" diventava, come nel racconto di Mann, solo una metafora sbiadita, un espediente retorico per "raccontare", più che per spiegare, i meccanismi più misteriosi e inquietanti dell’agire politico.
A differenza di quanto era avvenuto nella realtà il racconto si chiudeva però tragicamente, perché alla fine l’illusionista finiva ucciso con un colpo di pistola da Mario, il timido cameriere soggiogato. Per Mann, Mario e il mago non era altro che una grande metafora dell’Italia sedotta da Mussolini e ormai priva di libertà. Ma il racconto era anche uno degli ultimi residui di una vera e propria moda culturale, che aveva imperversato nell’Europa della seconda metà dell’Ottocento, e i cui contorni sono ricostruiti con grande nitidezza da Clara Gallini in La sonnambula meravigliosa. Magnetismo e ipnotismo nell’Ottocento italiano, un libro uscito per la prima volta trent’anni fa e ora meritoriamente ripubblicato (L’Asino d’oro, pp. 397, euro 20.00).
Le radici del fenomeno affondavano alla fine del Settecento, ossia nel momento in cui Franz Anton Mesmer ritenne di aver scoperto il "magnetismo animale", una nuova forma di energia, utilizzabile anche a fini terapeutici. Ma solo verso la metà del XIX secolo il magnetismo divenne una moda culturale, sia nelle classi sociali più abbienti, sia nel mondo popolare. L’intera Europa si riempì di gabinetti di magnetizzatori, che promettevano di risolvere gravi problemi di salute mediante l’ipnosi. E, contemporaneamente, i palchi dei teatri e i baracconi delle fiere si affollarono di magnetizzatori e sonnambule, che invariabilmente accampavano facoltà di chiaroveggenza. Per molti versi, la passione popolare per il magnetismo, l’ipnosi e le "sonnambule meravigliose" rappresentava una reazione al positivismo dell’epoca, alla fiducia cieca riposta nella scienza e nel progresso.
Ma gli stessi studiosi positivisti furono tutt’altro che sordi al fenomeno. Anzi, tutti i principali esponenti delle nuove scienze positive si dedicarono con grande attenzione al magnetismo. Tanto che, a un certo punto, proprio il meccanismo della suggestione ipnotica divenne una chiave di lettura per spiegare quasi tutto, dalla logica dei criminali al comportamento delle folle, fino alle stesse basi della società, che Gabriel Tarde definì, per esempio, come una condizione di perenne sonnambulismo. Di lì a poco, proprio partendo dalla sperimentazione dell’ipnosi, Freud avrebbe cominciato a tracciare (e in qualche modo, a "inventare") i confini dell’inconscio. Ma a quel punto della passione ottocentesca per il magnetismo rimaneva ben poco. La "suggestione" poteva così perdere quell’alone di "meraviglioso" che l’aveva circondata. E la "personalità magnetica" diventava, come nel racconto di Mann, solo una metafora sbiadita, un espediente retorico per "raccontare", più che per spiegare, i meccanismi più misteriosi e inquietanti dell’agire politico.
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