venerdì 22 febbraio 2013

ELENA LOEWENTHAL: Giannino, lo Zecchino di latta @ La Stampa, 22 febbraio 2013



Giannino, lo Zecchino di latta

di elena Loewenthal @ La stampa, 22 febbraio 2013
Come un impassibile pupazzetto fatto di mattoncini colorati, Oscar Giannino si va smontando pezzo per pezzo. 

L’ultima è che non solo gli mancano il master, due lauree e un concorso per entrare in magistratura, ma neanche allo Zecchino d’Oro ha mai cantato. Anche quella è una bugia pietosa, una mistificazione fine a se stessa, un modo bislacco per farci sognare o tornare bambini. Parola di Mago Zurlì, che si è portato con sé anche gli archivi del concorso canoro, oltre che un pezzo della nostra infanzia. Peccato, più per il povero Giannino che per noi.  

In questo strabiliante catalogo di menzogne paradossalmente accompagnate da una non meno stupefacente dose di candore - come diavolo ha fatto a pensare di farla franca in questo presente dove regna l’informazione globale, dove quasi ogni dato è disponibile? -, vi è una cosa che stupisce forse ancor di più. 

Sbugiardato così platealmente, Giannino ha in fondo dimostrato di essere stato un dritto. Diciamo un furbastro. Comunque, uno che di strada ne ha fatta, senza tanti (autentici) titoli in tasca. S’è formato una cultura economica, ha imparato a scrivere e a parlare sul palco, qualche rudimento di pubbliche relazioni non può non averlo. Visto così, senza il disvalore aggiunto della frode e senza il corredo fosforescente di un abbigliamento un po’ sopra le righe, sembra (è?) un tipo in gamba. Anche se non ha studiato. Per l’appunto. 
In fondo, avrebbe potuto rappresentare un modello ben più convincente, senza tutti quei titoli falsi e quei colori fin troppo veri addosso: il tipo self made man che in tempi di crisi come questi avrebbe avuto il suo notevole appeal. Non dimentichiamo il dato rilevante pubblicato quest’anno alla chiusura delle immatricolazioni universitarie: decine di migliaia di giovani in meno iscritti nelle università. Per sfiducia, per mancanza di quattrini, per un diverso orientamento sul mondo del lavoro. Perché Giannino non ha detto a quelle migliaia di giovani e a chissà quanti altri, più o meno giovani: guardate me, che non sono neanche laureato! Guardate che cosa succede, quando ci si rimbocca le maniche (magari un po’ meno sgargianti e broccate) e si prende la vita a testa bassa, per andare lontano.  

Che occasione sprecata, la sua, per offrire un modello e garantirsi una credibilità inossidabile, anche originale. Certo, in questa kermesse elettorale ben altri rivendicano una imprenditorialità fin troppo di successo, venuta su dal nulla. Ma nel caso di Giannino sarebbe stata un’impresa di se stesso - individualista, nuova, pregnante e facile da comunicare, nella sua freschezza.  

Invece lui ha scelto l’accidentata (ma neanche tanto, visto che da anni va avanti così) via della mistificazione, del costruirsi un’identità tutta artificiale e artificiosa, inevitabilmente destinata a crollare, prima o poi, sotto i colpi di diplomi inesistenti, ridicole contraddizioni, assurde giustificazioni. «Colpe gravi ma inoffensive», ha detto di sé quando ormai era troppo tardi, quando ormai il placcatore del declino si era trasformato in una macchietta. Non sono affatto inoffensive, quelle colpe: offendono tanto chi ha sudato sui libri per guadagnarsi anche solo una laurea e non le due che millantava lui, quanto chi la laurea non ce l’ha e mai l’avrà e avrebbe potuto riconoscersi in lui, nella sua intraprendenza, nel suo talento, nel consenso che avrebbe potuto guadagnare restando quello che era.  

(NdR:persino il cognome parrebbe falso: Giannetto, Oscar Giannetto sarebbe il suo vero nome e cognome!)

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