venerdì 9 ottobre 2015

1.8. Guattari come carta selvaggia - Parte VIII - Tratto da «Moneta, rivoluzione e filosofia dell'avvenire. Nietzsche e la politica accelerazionista in Deleuze, Foucault, Guattari, Klossowski» (Rizosfera/Obsolete Capitalism Free Press, 2016)

Guattari come carta selvaggia
1.8. - Parte VIII -
Tratto da «Moneta, rivoluzione e filosofia dell'avvenire. Nietzsche e la politica accelerazionista in Deleuze, Foucault, Guattari, Klossowski» (Rizosfera/Obsolete Capitalism, 2016)
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Prima di tutto, non sono un nietzscheano” (C, 290). Questa è la risposta contrariata di Guattari all’ultima domanda che proviene dal pubblico nel leggendario seminario The Schizo-Culture Conferenze tenutosi nel novembre del 1975 alla Columbia University di New York, presenti Foucault, Deleuze, Lyotard e tutto il gotha della contro-cultura newyorchese. Di certo, tra tutti i filosofi analizzati in questo saggio, Guattari è il meno attratto dalla figura di Nietzsche e dalla costellazione di pensiero a lui riferibile. Guattari, infatti, appartiene a una «scuola» di pensiero politico che affonda le proprie profonde radici nel comunismo libertario, refrattario alla centralizzazione «bolscevica» e all’ortodossia marxista. Deleuze, ne parla in questi termini: “L’esperienza di Guattari passa attraverso il trotzkismo, l’entrismo, l’opposizione di sinistra (la Voie communiste), il movimento del 22 marzo” (ID, 251). Il movimentismo politico di Guattari lo porta, nel corso degli anni ‘70, a essere uno dei teorici di riferimento dell’ala più creativa e radicale di quella vasta zona di militanza politica italiana che va sotto il nome di Autonomia e, nel corso degli anni ‘80, di sperimentare una forma di ecologismo radicale e libertario che rompe, a sinistra, gli schemi esausti e prevedibili dell’impegno politico rivoluzionario. Guattari gioca un ruolo decisivo, all’interno del punto di vista nietzscheano che andiamo delineando, perché comporta la rottura più radicale, nel piano compositivo dell’Anti-Edipo, rispetto alla tradizione filosofica e politica fino ad allora consacrata. Abbiamo infatti visto, in precedenza, che le caratteristiche salienti nietzscheane dell’Anti-Edipo provengono tutte dall’impianto teorico cesellato con maestria da Deleuze nell’arco temporale che precede il 1972. Ora, grazie a Guattari, abbiamo l’irruzione di un punto di vista apertamente comunista-libertario in un «paesaggio filosofico» d’impianto spinoziano-nietzscheano. Per certi versi, questo punto di vista guattariano è egemonico rispetto alla «leggerezza», prima richiamata, del punto di vista politico di Deleuze. Il punto di vista e la pragmatica politico rivoluzionaria, grezza, sferzante e diretta, tipica dell’Anti-Edipo, uscirà dalla miscela esplosiva dell’eterodossia di Guattari e dell’impegno politico de-centralizzato di Deleuze nel GIP di Foucault: il punto d’incontro sarà la teorizzazione di un processo rivoluzionario acefalo eterarchico. Tutto ciò è possibile grazie a una caratteristica peculiare di Nietzsche, forse la qualità migliore della sua riflessione: il costituirsi, in quanto metodo di opera e pensiero, come «grande società anonima» da cui generare azioni e discorsi, per parlare come Derrida, o come «campo di esteriorità» occupabile, per dirla con Deleuze. In Pensiero Nomade Deleuze afferma che “è il metodo nietzscheano a rendere il testo di Nietzsche, non più qualcosa su cui domandarsi «è fascista, è borghese, è rivoluzionario in sé?», ma un campo di esteriorità in cui si fronteggiano forze fasciste, forze borghesi e forze rivoluzionarie. E se il problema viene posto così, la risposta conforme al metodo sarà necessariamente: scovate in Nietzsche la forza rivoluzionaria (chi è il superuomo?). Si tratta sempre di un richiamo a forze nuove, che vengono dall’esterno, attraversando e ritagliando il testo nietzscheano nel quadro dell’aforisma. E’ questo il controsenso legittimo: trattare l’aforisma come un fenomeno in attesa di forze nuove, che vengano a «soggiogarlo», o a farlo funzionare, o a mandarlo in frantumi. (...) Su questo punto, hanno già detto tutto Klossowski e Lyotard” (PN-NF, 316-17). Prolunghiamo allora l’analisi illuminante di Deleuze mantenendo il triplice punto di vista offerto dal celebre passaggio sulla «via rivoluzionaria» e sull’«accelerare il processo», con il pensiero di Guattari, e con la riflessione espressa dall’asse Deleuze-Klossowski-Nietzsche. Per indicare l’itinerario dell’analisi guattariana, sempre intrecciata tra il Reale, la pragmatica rivoluzionaria e i rizosferici nietzscheani, portiamo un esempio da un «plesso» cardinale, pregnante, del passaggio accelerazionista che stiamo valutando: se per Nietzsche l’«accelerazione del processo» è ascrivibile alla cospirazione dei forti dell’avvenire, intesi come un’avanguardia creativa e anti-produttiva, per Deleuze e Klossowski i forti dell’avvenire sono traducibili in una «comunità di singolarità» che si sottrae individuo per individuo al vaglio regolatore, per Guattari, più cauto e a fatica, si tratta di immaginare “una piccola comunità liberata che si mantenesse tale attraverso i flussi della società repressiva, come la somma degli individui di volta in volta affrancati”. Guattari, insomma, riesce sempre a torcere il pensiero rizosferico verso il Reale e, per usare la sua terminologia, a piegarlo o deviarlo verso un nuovo innesto della macchina analitica e della macchina desiderante sulla macchina rivoluzionaria. Ed è sempre dalle coordinate intrecciate di psicanalista e militante comunista libertario che Guattari «indaga» e, dunque, analizza la libido come essenza di sessualità e desiderio che “investe e disinveste i flussi di ogni natura che scorrono nel campo sociale, che opera delle rotture di questi flussi, dei blocchi, delle fughe, delle ritenzioni. Senza dubbio essa non opera in maniera manifesta, alla maniera degli interessi obbiettivi della coscienza e delle concatenazioni della causalità storica; ma dispiega un desiderio latente coestensivo al campo sociale, che comporta delle rotture di causalità, delle emergenze di singolarità, dei punti di arresto come di fuga” (ID, 245). E’ questo preciso punto di vista che sarà all’opera nel passaggio finale del paragrafo La macchina capitalistica civilizzata che stiamo analizzando ed è esattamente da questo «punto nevralgico» che partiamo per la nostra analisi del passaggio accelerazionista di Deleuze e Guattari.

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