domenica 27 settembre 2015

La volontà di potenza «in seconda istanza» - Parte IV - ( Tratto da «Moneta, rivoluzione e filosofia dell'avvenire. Deleuze, Foucault, Guattari, Klossowski e la politica accelerazionista di Nietzsche» di Obsolete Capitalism)

La volontà di potenza «in seconda istanza»

Individuata la figura che per Nietzsche è, in prima istanza, l’affermatore della vita, colui che dice alla creazione e al dono esprimendo un no al «Mondo-così-come-è», si tratta ora di individuare chi, «in seconda istanza», desidera la «volontà di potenza» affermando una falsa e malata «volontà di potenza», opposta a quella «prima istanza» così fermamente e fondatamente elaborata da Nietzsche. Qui abbiamo una sorpresa, una vera e propria rottura rispetto a tutta la tradizione precedente, sia politica, che religiosa; si tratta di un «cesura» che marca una radicale differenza tra Nietzsche e tutto il pensiero umano, ed è qui che risiede una riflessione tra le più emblematiche del suo pensiero sulla psicologia umana. In tutte le società che si sono susseguite da oggi a ritroso nel tempo, le forze che si contrappongono nell'arena del sociale sono stigmatizzate in modo gerarchico: i «forti» sono sopra, a causa di una gerarchia fortemente strutturata e stratificata e i «deboli» sotto, in forza di una indifferenziata massa assoggettata ai poteri inerti e inesauribili, in una classica bipartizione dello spazio del dominio che varia di poco negli evi che si sono susseguiti fino ad oggi. Se alla coppia di termini forte/debole, o potente/impotente, indifferenziato/differenziato, sostituiamo le diadi patrizio/plebeo, signore/schiavo, nobile/servo della gleba, oppure padrone/operaio, possiamo con assoluta certezza enucleare tra le forze che vogliono ribaltare i rapporti di forza tra i «pochi» e i «molti» quegli storici schieramenti evocati e forgiati da pensatori della tradizione occidentale quali Paolo di Tarso e Marx. Non così Nietzsche. Egli considera tutte e due le forze storiche come «reattive», con lo stesso tipo di disegno di dominio [ industriale ed economico ] e con lo stesso «desiderio di volontà di potenza».  Volere il dominio, desiderare di conquistare con la forza, è una «seconda istanza» della volontà di potenza. Afferma infatti Deleuze:
"È per volontà di potenza che una forza domina, ma è pure per volontà di potenza che una forza obbedisce" (N, 26). Cosa ancor più decisiva: "la volontà di potenza è l'elemento differenziale da cui derivano le forze presenti (e la loro qualità rispettiva) in un complesso" (N, 26). Le forze presenti in un dato scenario sono sempre di due tipi, dominanti e dominate - ma meglio sarebbe denotarle come differenziate e indifferenziate - e possiedono due importanti caratteri, che Deleuze afferma essere «ultimi e fluenti, più profondi di quelli delle forze che ne derivano»:


"Perché la volontà di potenza fa in modo che le forze attive affermino, e affermino la propria differenza: in esse l'affermazione è primaria e la negazione non è mai altro che una conseguenza, come un sovrappiù di godimento. Ma la proprietà delle forze reattive, al contrario, è quella di opporsi in prima istanza a ciò che esse non sono, di limitare l'altro: in esse la negazione è primaria, è attraverso la negazione che giungono ad una parvenza di affermazione. Affermazione e negazione sono dunque i qualia della volontà di potenza, come attivo e reattivo sono le qualità delle forze"
(N, 27).  
Questo passaggio è di un'importanza estrema. Seguiamolo passo per passo. La volontà di potenza nietzscheana - o di «prima istanza» - lavora, elabora, esegue e si comporta per l'affermazione del sì e della differenza: è un sì biforcante, che produce affermatività differenziandosi. Allo stesso tempo, la medaglia del sì ha come conseguenza diretta - in un lato non nascosto, nemmeno implicito, ma del tutto esplicito e trasparente - il no, la negazione nei confronti di «ciò-che-si-presenta». Il Sì alla Vita è un No al Mondo. Il Sì alla Differenza è un No all'Ugualizzazione. Il No ha come un surplus di godimento a causa della agonizzazione del confronto tra Sì e No: è il piacere del rifiuto da parte del Sì. Vedremo più avanti, nei prossimi paragrafi, che le forze attive che presiedono la «prima istanza» sono le forze «accelerazioniste», che fanno della rapidità d'esecuzione una delle qualità strategiche del proprio intenso operare. Di converso, le forze attive si fronteggiano nella «prima istanza» alle forze reattive, le quali sono, per inferenza logica, a favore di un No alla Vita intesa come Differenza e di un Sì a favore dell'Uguale e del Livellamento. Per queste forze reattive che si oppongono con furore a «ciò che non sono», e che dunque temono la differenza, il No è «primario» e il Sì a «ciò-che-si presenta-e-sta» è una parvenza di affermatività. Le forze reattive sono le forze che limitano la volontà di potenza di «prima istanza». Per questo motivo, queste forze reattive le possiamo definire forze «catecontiche»: sono delle entità, dei poteri che frenano, contengono, trattengono. I poteri enigmatici e sorgenti che si confrontano e confliggono in scenari millenari sono dunque forze che hanno qualità accelerazioniste, e dunque attive, e catecontiche, e quindi reattive.      

( segue QUI )

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