giovedì 31 dicembre 2015

Rares Iordache in dialogo con Tony D. Sampson: Folla vs opinione pubblica, Ucraina vs Russia, la crisi di Gaza, la teoria del contagio e la netica @ #hibridmedia Magazine, 19 Agosto 2014 - Traduzione Alessandro Cattini


Rares Iordache in dialogo con Tony D. Sampson: Folla vs opinione pubblica, Ucraina vs Russia, la crisi di Gaza, la teoria del contagio e la netica



@ #hibridmedia Magazine, 19 Agosto 2014

Traduzione di Alessandro Cattini
Cross-check di Obsolete Capitalism

QUI è leggibile l'intervista in lingua inglese


Folla vs. opinione pubblica, Ucraina vs. Russia, la crisi di Gaza, i contagi e gli oggetti anomali nel cyberspazio, netica /(n)etica o una certa etica dell’informazione e dei fenomeni virali. Tutti questi sono temi provocatori su cui dibattere. #hibridmedia Magazine ve li offre tutti in un fantastico dialogo con Tony D. Sampson.


Rares Iordache: Dopo ciò che è successo a EuroMaidan si va verso un conflitto tra Ucraina e Russia. Questo evento è cresciuto molto in termini mediatici e si è trasformato in un’autentica guerra. Quando penso a EuroMaidan faccio subito un paragone con gli Indignados, la protesta in Spagna. Ci sono diverse distinzioni da fare, ma sono i contagi e la loro diffusione ad aver catturato la mia attenzione. Quali pensi siano stati gli oggetti contagiosi in questo caso? Un’altra cosa interessante è l’epidemiografia, un termine usato da John Postill. Ciò è collegato anche con i fenomeni virali e gli oggetti contagiosi.


Tony D. Sampson: Qual’è la differenza tra Spagna e Ucraina? Cosa fa esplodere la contagiosità di una protesta in una rivoluzione e in una guerra civile mentre l’altra si affievolisce? Sebbene ci siano stati modelli analoghi che sono emersi negli ultimi anni – magnificamente rappresentati nella Big Data Social Science di John Beieler (nonostante gli evidenti punti deboli) – non sono certo che ci sia un unico oggetto concreto o un insieme di oggetti virali a determinare ciò che diventa virale.


In Virality mi chiedevo cosa possiamo imparare da Gabriel Tarde. In termini di rivoluzione abbiamo bisogno di guardare oltre il dilagare di semplici e puri sistemi di credenze (ideologie) e di come i desideri vengono liberati o inibiti dalla creatività del sociale. L’oggetto del desiderio è sempre la credenza; il che significa che il biologico e il sociale si mescolano laddove le invenzioni sociali si appropriano dei desideri. Forse è necessario analizzare a fondo l’intreccio di relazioni stabilite tra il desiderio di cambiamento e le situazioni messe in campo da vecchie gerarchie, masse rivoluzionarie, folle, proteste di massa e i pubblici mediatici e le reti elettroniche.


La teoria dei proto-media di Tarde ci fornisce anche una familiare distinzione tra il pubblico mediatico e le masse. Le masse sono state progressivamente usurpate dai pubblici mediatici. Da un lato, le masse hanno qualcosa di animalesco in loro. Non sono facilmente governabili. Se vuoi vincere una rivoluzione probabilmente hai bisogno dell’animale dalla tua parte. D’altro canto il nuovo pubblico sembra essere meglio informato dai new media, ma in realtà può essere controllato più facilmente, per via delle distanze che i sempre più mediati flussi di informazioni schiudono tra i soggetti connessi. C’è, suppongo, minore necessità di far parte di una massa per ottenere informazioni. Questo segna l’inizio del potere baronesco della stampa e della manifattura del pubblico di massa.


Le vecchie teorie relative al potere delle masse suggerivano che la violenta irrazionalità del potere delle stesse fosse perlopiù sufficiente a prevalere sulle vecchie gerarchie aristocratiche. I movimenti rivoluzionari predominanti hanno storicamente fatto affidamento su un certo grado di violenza – la forza delle folle - fuoriuscendo dai quartieri più poveri e assaltando i palazzi delle istituzioni.


Quale differenza, dunque, può fare la Rete? Prendiamo di nuovo la mappa delle proteste di Beieler. Un punto critico potrebbe benissimo corrispondere alla diffusione su larga scala di Internet. In effetti, ci sono echi della teoria delle masse evidenti in alcune idee popolari riguardanti i condizionamenti della Rete al giorno d’oggi. La BBC mandò in onda un documentario, un paio di anni fa, affermando in sostanza che Facebook avesse causato la Primavera Araba. Anche i governi prendono queste affermazioni seriamente, vedono i social media come una minaccia.


Ma la Rete può essere pensata come una massa? Le cose sono complesse. Ci sono reti all’interno delle masse e masse all’interno delle reti, ma la Rete sembra avere un potenziale rivoluzionario soltanto se può servirsi della violenza di una folla reale; una massa di persone pronte a mettere la propria vita in prima linea per la causa. In effetti sto diventando un po’ scettico riguardo alla minaccia rappresentata dai social media. Il problema di chi protesta nella maggior parte dei paesi europei occidentali è quello di confrontarsi con un pubblico docile, guidato da media corporativi e politici borghesi. Quando gli studenti andarono fuori controllo durante le proteste contro l’aumento delle tasse universitarie nel Regno Unito la maggior parte del pubblico sembrò scagliarsi contro di loro, accogliendo con approvazione la repressione. Altri rimasero beatamente distratti dai gossip sulle celebrità, dal calciomercato e dai talent show televisivi.


I social media forniscono un’alternativa che agisce come uno sfogo per la protesta. Hanno un’influenza sulla formazione discorsiva e interagiscono con le azioni delle folle. Eppure sono anche distrazione. L’estrema violenza della polizia ha giocato un ruolo nella scomparsa del movimento studentesco, ma d’altra parte gli stessi studenti non hanno chiuso i propri account in Rete. Ciò che generalmente fa tendenza in Rete non ha a che fare con il desiderio di cambiamento politico, ma piuttosto con l’indulgenza del bisogno di incontri gioiosi, intrattenimento, sesso, amore, scandalo, divertimento o, come sostiene Olga Goriunova, completa idiozia. C’è un potenziale rivoluzionario, forse, in questa socializzazione, ma non so bene come funzioni. Per ogni post su Facebook che incoraggia l’azione nelle strade sembra che ci siano migliaia di stupide foto di gatti.


È anche importante notare che i contagi non sono intrinsecamente radicali. I contagi possono essere molto conservatori. Come mette in evidenza Barbara Ehrenreich, l’unica “rivoluzione” inglese si basò sulla propagazione di un sistema di credenze calviniste che si opponeva al tipo di festività e carnevali che possiamo associare solitamente con l’animalità delle proteste radicali. Come la mappa di Beieler problematicamente ci illustra, il contagio potrebbe essere una protesta di Occupy o del Tea Party…


Forse la Rete è un ibrido di folla e opinione pubblica oppure una massa simulata alla quale manca l’animalità delle vere e proprie folle. Non possiamo assaltare la Bastiglia soltanto con i tweet! La massa deve diventare una forza bruta che s’intreccia con gli slogan della Rete. Quindi sì, ogni tentativo di produrre un’epidemiografia dei movimenti di protesta, che studi l’interazione tra la rete e la massa, è ben accetto.


Rares Iordache: Cerchiamo di stabilire una triangolazione tra l’archeologia dei media, il cyber-spionaggio e la filosofia dell’informazione. Possiamo cominciare la discussione su questo tema a partire dal caso particolare dell’archeologia della Rete. A questo punto, a fianco dell’impatto di un’informazione fluida e della sua trasgressione, possiamo parlare di un certo tipo di etica dell’informazione. In realtà si tratta del modo in cui noi usiamo l’informazione nel cyberspazio. Questo argomento ha le sue ragioni. Possiamo instaurare un equilibrio tra la quantità e la qualità dell’informazione grazie a Luciano Floridi. Definisco questa etica (n)etica perché tutto dipende dalla sua funzionalità. In realtà, Netica è un software sviluppato da Norsys Software Corporation. Il suo scopo è di rendere la Rete più intelligibile per noi. Tutto si fonda su un insieme di algoritmi. Dunque, quali sono le tue prime impressioni riguardo a questa triangolazione e al suo ripensamento basato su (n)etica?


Tony D. Sampson: L’archeologia dei media è molto attraente; non da ultimo perché ci aiuta a ideare vie attraverso le quali possiamo rovistare negli archivi dell’invenzione dei media senza porre limiti di disciplina al ricercatore. Come affermano Erkki Huhtamo e Jussi Parikka, l’archeologia dei media necessita di andare quasi sempre contro il buon senso. È nomade. Penso che ogni tentativo di triangolazione debba tenere presente questa caratteristica. Affinché questa triangolazione funzioni, occorre che l’archeologia smetta di preoccuparsi dell’etica. A ciò risponde la mappatura del rumore di Parikka e il recente libro di Genosko sulla teoria della comunicazione. Molte delle storie ‘tecniche’ di Shannon e Weaver si rifacevano al loro tenere sotto controllo il «rumore», ma oggi ci sono archivi d’«incidenti» catturati in raccolte di virus per computer o nella musica glitch.


Può darsi che un’istanza etica sia trattare il rumore non considerandolo semplicemente come un nemico dell’informazione, ma come qualcosa che ha un potenziale comunicativo al di là di posizioni etiche fisse. Netica pare un esempio affascinante di archeologia dei media. Grazie per averlo fatto notare. Sarebbe davvero interessante sapere come le reti bayesiane integrano il rumore nei circuiti logici dei diagrammi di credenza. Per quanto mi riguarda sarei interessato a capire fino a che punto questi diagrammi di decisioni in gran parte cognitive affrontano le emozioni, i sentimenti e le affezioni coinvolte nel ragionamento. C’è una linea di collegamento tra i programmi tipo Netica e lo sforzo combinato di integrare le emozioni nel Machine learning? Immagino di si.


Rares Iordache: Il conflitto tra Israele e Gaza. Qualunque discussione riguardo a questo evento è un fenomeno virale, è chiaro, ed è una forma di manipolazione. Una manipolazione che ha a che fare con l’informazione. Dove sono le affezioni, dove sono i contagi o gli oggetti virali?


Tony D. Sampson: Che tipo di fenomeno virale è questo? Il movimento di protesta si gonfia come risultato del coinvolgimento emozionale provocato da questo orrore. C’è la formazione di una massa. La morte di persone innocenti, molte delle quali sono bambini, agirà come un potente contagio emozionale. A malapena possiamo osare guardare questa aperta crudeltà. Ma che influenza hanno queste proteste sui governi? Prima dell’invasione dell’Iraq c’erano milioni di persone a protestare per fermare la guerra. Posso solo pensare che il fallimento del governo nell’interrompere la vendita di armi, cui abbiamo assistito fino a questo momento, o nel condannare con più forza l’asimmetrico massacro di innocenti da parte di Israele, esibisca un certo tipo di autismo politico al cuore di questa classe dirigente. Dare la priorità alla vendita di armi e supportare il blocco di Gaza a favore di questo massacro è un’oscenità.


Il contagio più efficace sarà molto probabilmente il dilagare della vendetta nel Medio Oriente per la morte di così tanti innocenti. Le azioni dell’IDF (l’esercito israeliano, n.d.r.) e dei loro fornitori di armi in Occidente stanno producendo un’epidemia di vendicatori. Questa sarà una folla di persone che andrà in prima linea. E si collegherà in Rete.


Rares Iordache: Tu hai scritto «Viralità: la Teoria del Contagio nell’Era della Rete», un libro che traspone la viralità sul terreno sociale. Ripensi le idee di Tarde mescolandole con strutture deleuzo-guattariane. È più di un recupero di Tarde, ma al di là di queste influenze, qual’è il supporto teoretico delle tue ricerche?


Tony D. Sampson: Il progetto è iniziato con l’interesse verso la potenzialità dei virus dei computer – come questi codici anomali possano fornire una libera alternativa al tipo di spazi di informazione chiusi che troviamo all’interno dei sistemi di software di proprietà. In molti sensi ciò è rimasto come parte della ricerca, che si è espansa in direzione della viralità e della teoria sociale e, in particolare, della storia della teoria delle masse – muovendosi verso Tarde, Le Bon, Freud, Milgram, Deleuze e Guattari - per finire con gli studi sulla Rete, i condizionamenti affettivi e il marketing. Il sistema aperto delle reti elettroniche virali si è spostato - sotto certi aspetti - verso l’apertura esistente nella relazione contagiosa tra sé e l’altro in una più generalizzata rete sociale. Anzichè trovare una nuova era del contagio, ho scoperto che il contagio era sempre stato lì.


Se oggi dovessi voltarmi indietro e fare un bilancio, direi che il maggiore scopo filosofico del progetto era quello di far collassare le differenze tecnologiche, sociali e biologiche. Ho fatto di tutto per non schierarmi con il pensiero deterministico e mi sono concentrato sui gradi inconsapevoli degli stati consci e inconsci, tra stati affettivi e rappresentativi, tra un’abitudine volitiva e meccanica… Non sono certo, però, del successo che può aver avuto questo sforzo!


Rares Iordache: Sei in contatto con il Romanian Project Bureau of Melodramatic Research. Cosa pensi delle ricerche e dei progetti rumeni?


Tony D. Sampson: La mia visita a Bucarest è stata un’esperienza fantastica – uno dei migliori inviti da quando ho pubblicato Virality. La discussione che ho avuto lì con diverse persone mi ha fornito tante nuove idee riguardo al mio prossimo progetto sulla neurocultura. Seguo ancora il lavoro del BMR e sono stato abbastanza fortunato da incontrare Alina e Florin a Londra l’anno scorso. Infatti, uno dei libri di maggior valore nella mia collezione è il loro piccolo pamphlet intitolato End Pit. È un’ottima lettura. Sapere che il progetto coincideva, al tempo, con le proteste in Turchia rende tutto ancora più affascinante. L’arte di protesta come interferenza o casualità, un misto di performance, arte affettiva e politica.


Rares Iordache: Il cyberspazio è pieno di anomalie, oggetti contagiosi, virus e fenomeni/oggetti virali. In questo contesto, sono le ecologie dei media le cose più importanti per il nostro cyberspazio? Allo stesso tempo, cosa pensi di un’ecologia basata sulla rete semantica?


Tony D. Sampson: Dunque, sì, sono questi oggetti, processi e invenzioni, come sostiene Matt Fuller, che compongono il mondo, lo sintetizzano, lo fissano, e rendono disponibili nuovi mondi. Scontare l’anomalia da questo mondo è insensato, come abbiamo sostenuto in The Spam Book. Ci potrebbero essere molti modi per introdurre l’individuazione di intrusi e reti immunologiche, per sradicare le erbacce, ma il potenziale dell’anomalia di fuoriuscire e infettare è sempre in agguato.


Non sono sicuro del modello semantico della rete. Mi chiedo quanto di anomalo figurerà nella lettura dati di una macchina automatica. Quale minaccia pone anche per l’anonimato? Penso che, ritornando a quanto ho già detto, sia l’anomalia che potrà attualizzare la Rete in una folla; è il suo divenire animale.
La tendenza è, mi sembra, quella di scivolare sempre verso una stabilità conservatrice basata sulla paura dell’altro (umano e non umano). Quello di cui abbiamo bisogno è che una novità nomade s’impadronisca e deterritorializzi questi territori del pregiudizio.


Rares Iordache: Parliamo dei tuoi interessi attuali e futuri, siano ricerche o scritti.


Tony D. Sampson: Mi sono preso un periodo sabbatico in questo momento, mentre lavoro ad alcuni progetti. Sto scrivendo un libro sulla neurocultura (The Assemblage Brain: Sense Making in Times of Neurocapitalism, 2016 - n.d.r.). Questo libro esplora l’ascesa delle neuroscienze, e il suo impatto sul pensiero nomade, attraverso vari saggi sul cervello in relazione al controllo, al lavoro e all’arte.


Sto anche collaborando con varie persone. Con l’artista Dean Todd sto sviluppando quella che io chiamo ‘teoria distopica dei media’. Sto lavorando anche con Jairo Lugo dell’Università di Sheffield su un progetto che rivisita la teoria dei media di Tarde. Siamo interessati a capire fino a che punto i condizionamenti dei social media influenzano le decisioni e i contenuti editoriali.


Rares Iordache è un blogger, giornalista, scrittore rumeno. E’ coordinatore del progetto web di #hibridmedia. Scrive sul proprio blog al seguente indirizzo: http://raresiordache.ro


Tony D. Sampson è un filosofo inglese. Insegna New media presso l’università londinese, la UEL. E’ autore di «The Spam Book» (2009, coautore Jussi Parikka), «Virality» (2012) e «The Assemblage Brain» (2016). Lavora sulla frontiera di filosofia, new e social media, neuroscienze, teoria del controllo. Scrive sul proprio blog Virality: https://viralcontagion.wordpress.com


domenica 27 dicembre 2015

E.2.6. Let’s drop all masks: Nietzsche galore! - P. IX - Excerpt from the essay «Money, Revolution and Acceleration in Deleuze and Guattari's Anti-Oedipus», Obsolete Capitalism Free Press/Rizosphere, 2016


Let’s drop all masks: Nietzsche galore!

To answer the molecular questions 2 and 3 - respectively about a possible misquotation and the meaning of the phrase “we haven't seen anything yet- we need to explain the notion of flow and clarify the relationship between desire, libido and unconscious. With «flow» Deleuze and Guattari mean «process»: “This process is what we call a  flow.  But, again,  flow is an everyday, unqualified notion that we needed. It can be a flow of words, a flow of ideas, a flow of shit, a flow of money. It can be a financial mechanism or a schizophrenic machine: it surpasses all duality(DI, 218); as far as the relationship between desire, libido and unconscious is concerned Deleuze describes their origin as such: “Guattari early on had the intuition that the unconscious is directly related to a whole social field, both economic and political, rather than the mythical and familial grid traditionally deployed by psychoanalysis. It is indeed a question of libido as such, as the essence of desire and sexuality: but now it invests and disinvests flows of every kind as they trickle through the social field, and it effects cuts in these flows, stoppages, leaks, and retentions. To be sure, it does not operate in a manifest way, as do the objective interests of consciousness or the chains of historical causality. It deploys a latent desire coextensive with the social field, entailing ruptures in causality and the emergence of singularities, sticking points as well as leaks(DI, 193)
Deleuze consciously chooses to side with Nietzsche and uses him against Marx and Freud. According to Deleuze, capitalism is based on flows but what really matter is the organization of power which he defines as the unity of desire and the economic infrastructure (DI, 262, 263). Here lies the essential criticism to the orthodox marxism and its ideological pretensions to put the desire-phenomenon on the superstructure. The Party itself is criticized by the two philosophers who see it as the new organization for a repressive power (DI, 263) refusing its definition of avant- garde external mechanism of synthesis classified as such since Lenin times. (ID, 266). There is a double refusal of, on one hand, the traditional division between infrastructure and superstructure as theorized by Marx, where the economic structure expresses the relations of production; and on the other, of the Leninist theory of the Party seen as proletarian guide and «political class consciousness» which in other words is the refusal of an analytic machine external to the working class and the revolutionary processd. This could be the reason why it is exactly in the accelerationist passage that we meet the «conceptual persona» of Nietzsche; according to Deleuze and Guattari in fact Nietzsche may be seen as the master of the generalized disintegration of codes. Considering the triad Marx, Freud and Nietzsche as the contemporary western thought fathers, we can read a clear rejection of the first two in Deleuze and Guattari’s words: “... for our part, we prefer not to participate in any effort consistent with a Freudo-Marxist perspective. And this for two reasons. The first is that, in the end, a Freudo-Marxist effort proceeds in general from a return to origins, or more specifically to the sacred texts: the sacred texts of Freud, the sacred texts of Marx. Our point of departure must be completely different: we refer not to sacred texts that must be, to a greater or lesser extent, interpreted, but to the situation as is, the situation of the bureaucratic apparatus in psychoanalysis, which is an effort to subvert these apparatuses.(...) Secondly, what separates us from any Freudo-Marxist effort is that such projects seek primarily to reconcile two economies: political economy and libidinal or desiring economy. (...) Our point of view is on the contrary that there is but one economy and that the problem of a real anti-psychoanalytical analysis [a synonym of schizoanalysis that Deleuze and Guattari started using after the Anti- Œdipus] is to show how unconscious desire invests the forms of this economy. It is economy itself that is political economy and desiring economy.(ID, 275) After a few months from the release of the volume Anti-Œdipus, at the conference in Cerisy-la-Salle (July 1972), entitled «Nietzsche aujourd’hui?» in his speech Nomadic Thought Deleuze asserts that faced with the way in which our societies come uncoded, codes leaking away on every side, Nietzsche does not try to perform a re-coding.” (ID, 253) and clearly explains his siding with Nietzsche: “(...) if one examines not the letter of Marx or Freud, but the becoming of Marxism and the becoming of Freudianism, we see, paradoxically, Marxists and Freudians engaged in an attempt to recode Marx and Freud: in the case of Marxism, you have a re-coding by the State ("the State has made you ill, the State will cure you" — this cannot be the same State); and in the case of Freudianism, you have a re-coding by the family (you fall ill from the family and recover through the family — this is not the same family). What at the horizon of our culture in fact constitutes Marxism and psychoanalysis as those two fundamental bureaucracies, the one public, the other private, is their effort to recode as best they can precisely that which on the horizon ceaselessly tends to come uncoded. This is not at all what Nietzsche is about. His problem is elsewhere. For Nietzsche, it is about getting something through in every past, present, and future code, something which does not and will not let itself be re- coded.(ID, 252). This «something» that is about getting something but will not let itself be re-coded is the expression of the unconscious produced by the primary pulsion of the individual. 

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domenica 20 dicembre 2015

E.2.5. Accelerate the process - Pt. VIII - Excerpt from the essay «Money, Revolution and Acceleration in Deleuze and Guattari's Anti-Oedipus», Obsolete Capitalism Free Press/Rizosphere, 2016



Accelerate the process

Not to withdraw from the process, but to go further, to "accelerate the process," as Nietzsche put it: in this matter, the truth is that we haven't seen anything yet. (AO, 239)

We may assume as a logical starting point that Deleuze and Guattari are offering an apparent pro-market path, as highlighted in the previous paragraph; at the same time, we find a contradiction with the opposite option of a worldwide anti-capitalist revolution able to go beyond localism to reach the that dimension which Srnicek and Williams call folk politics. Not only one should go «backward» against the nationalist-marxist economy, or against those revolutionary ideals which overthrow established powers but - without withdrawing from the market - one should even join those turbo-capitalist lawless forces so as to push and «accelerate» the dangerous tendencies moving the decodification and deterritorialization of society. Why? If we take for granted that Deleuze and Guattari are not sneaky infiltrators of the enemies we may see such «unity of intentions» with the most extreme forces of the market economy as a «future benefit». Under the idea of instrumental exchange between immediate evil and future good, the statement we haven't seen anything yet sounds particularly sinister: the more violent the repression and the omologation of the individual arises, the fastest the explosion of the final good - as a basis of a new revolution - will come.
A second consideration deals with the force. Which type of force is an «accelerated revolutionary force»? The question is pertinent if we consider that «going backward» against the marxist- nationalist protectionism represents the trait d’union among forces moved by an active power that aims to destroy the countries (their territories) and their codes. Such forces are deregulated and mainly characterised by speed, therefore they may be called dromocratic forces. The powers that «stand still» and protect, are against the «accelerating forces» that decodify and become different from what they were. If the traditional market economy society yielded to the intrinsically capitalist and technologically developed dromology, society itself would be destined to be dominated by a monoscopic turbo- capitalism: an infinitive accumulation in a singular technological scenario. Similarly, if the revolutionary forces that «stand still» were overperformed by hidden dromocratic forces, what could a revolution be? A desiring power accelerated to a point where it exploded all the splinter groups (DI, 265) as Guattari states? Can we conceive a machinic dromocratic revolution and its consequent implications in different apocalyptic antinomic forces?
Third consideration: the time and actions of the levelling forces expressed by the «homo democraticus» have come to the end of that enlightened path which made man first a progressive accelerationist and then a dull kathecon, a reactionary, a preventer. Will a new «dromocratic community» offer a return to the Great Politics as announced by Nietzsche

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domenica 13 dicembre 2015

E.2.4. The withdrawal of the left wing nationalism from the world market - Pt. VII - Excerpt from the essay «Money, Revolution and Acceleration in Deleuze and Guattari's Anti-Oedipus», Obsolete Capitalism Free Press/Rizosphere, 2016



The withdrawal of the left wing nationalism from the world market

To withdraw from the world market, as

Samir Amin advises Third World countries to do, in a curious revival of the fascist "economic solution"? Or might it be to go in the opposite direction? To go still further, that is, in the movement of the market, of decoding and deterritorialization? For perhaps the flows are not yet deterritorialized enough, not decoded enough, from the viewpoint of a theory and a practice of a highly schizophrenic character. (AO, 238)

Samir Amin, the exponent of the marxist, anti-capitalist, unaligned «Third-World Left» with his nationalist and isolationist position, reminds Deleuze and Guattari of a revival of the fascist "economic solution" of 20s and 30s of the XX century. Therefore another revolutionary option is then discarded and the two French philosophers paradoxically ask: what about going “towards the opposite direction?A question which produces a double effect: on one side it rejects some of the classical hypothesis of the European «revolutionary humanism»: traditional left wing movements like socialism, communism or social democracy are not even taken into consideration for a revolutionary path. Not to mention the revolutionary trade unionism, the radical reformism or the naive anarchic spontaneity, the new post - ’68 political manifestations, the so-called “little churches” by Guattari. (DI, 264).
Neither is the armed struggle, the nihilist frontal attack to the system. So where is such question taking us? Coherently we should suppose towards the exact contrary of the «marxist nationalism» that is to say a worldwide revolution against the same global capitalism of the decoded and deterritorialized monetary flux, mentioned by Deleuze and Guattari. The only possible marxist or revolutionary global theory antagonistic of capitalism is the one of Lev Trotsky, whom Guattari sympathized with in the 50’s but the idea of a «permanent revolution» or of Fourth International never suited Deleuze and Guattari who have never been nostalgic of soviet times. “Yet no revolutionary tendency was willing or able to assume the need for a Soviet organization that would have allowed the masses to take real charge of their interests and desires. Machines called political organizations were put in circulation, and they functioned according to the model Dimitrov had developed at the Seventh International Congress — alternating between popular fronts and sectarian retractions — and they always lead to the same repressive results. (...) By their axiomatics, these mass machines refuse to liberate revolutionary energy. Red flag in hand, this politics in its underhanded way reminds one of the politics of the President or the clergy.” (DI, 268). Which chances may a turbo-trotskyist plan have when referred to «the civilized capitalist machine»? With regards to the economic aspect, can we find an economic theory alternative to capitalism with the same global «tension» and the same will of power? Neither a neo marxist as Suzanne de Brunhoffs’s, nor Bernard Schmitt with his theory of quantum fluxes, show the same strength. Without convincing answers on the horizon and with all historical possibilities of revolution are set aside, which opposite direction is possible? At this point Deleuze and Guattari reveal the “second effect” of their statement: to push the revolutionary motion alongside with the decodification and deterritorialization of the economic market. Why doing so, we may ask, and what do revolutionary anti- market forces share with the capitalistic ones? Which alliance could be established from a position of withdrawal from the market to one of a wild laissez-faire economy? Moreover what are the two French philosophers referring to when they speak about a theory and practice of a highly schizophrenic character that is supposed to further deterritorialize and decode the flows? Were Deleuze and Guattari really looking for a compromise with the market, when questioning themselves about the revolution of the future? 

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domenica 6 dicembre 2015

E.2.3. The system of economic dependency on desire - Pt VI - Excerpt from the essay «Money, Revolution and Acceleration in Deleuze and Guattari's Anti-Oedipus», Obsolete Capitalism Free Press/Rizosphere, 2016


The system of economic dependency on desire 


E.2.3. - Pt. VI - 

Here comes the chapter The Civilized Capitalist Machine where the «difficult passage» lies. All the aforementioned qualities in Anti-Œdipus - Nietzschean method, hypertextuality, repetition as power, style as movement of concepts and so on - reach a real klimax in this passage considered not only the «traditional cartographie» for the accelerationist movement but also the crux of the entire «anti-oedipal» book. As many have noticed there is no clear logical coherence between the sense of the text and the authors’ political position. Something eludes, slips away and it is plausible that a few Deleuze and Guattari’s scholars wonder if the two French philosophers may have misquoted or misreported Nietzsche. A very detailed reading of the passage -divided in parts- may serve the cause. 

It is at the level of flows, the monetary flows included, and not at the level of ideology, that the integration of desire is achieved. So what is the solution? Which is the revolutionary path? Psychoanalysis is of little help, entertaining as it does the most intimate of relations with money, and recording—while refusing to recognize it— an entire system of economic-monetary dependences at the heart of the desire of every subject it treats. Psychoanalysis constitutes for its part a gigantic enterprise of absorption of surplus value. But which is the revolutionary path? Is there one? (AO, 238) 

If the capital is immanent to society and the desire it involves permeates society, what possible solution may we find if the two fluxes are so intrinsically integrated? If ideology is no longer an answer, as masses are not captivated by ideology but by the desire of monetary fluxes, what solution may we find? The claustro-scenario is nightmarish: from the very first steps there is no possibility of an alternative, of a revolutionary path - « is there one? » the two philosophers ask. Even psychoanalysis is of little help: part of the system, it is absorbed as anti-productive practice which «ingests and achieves» the nomadic profitability and slips into the social body. Moreover it has created a circuit of absorption of surplus value thanks to the desire produced by the cultural industry. Once Freud’s psychoanalysis has been overtaken whom shall we pass the baton of revolution to?

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