giovedì 2 maggio 2013

Maurizio Lazzarato - La molteplicità nella dinamica economica @ Multitudes, Fr, 1 giugno 2004


La molteplicità nella dinamica economica 

di Maurizio Lazzarato

                               @ Multitudes, 1 giugno 2004 
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"Chi" crea e come si produce la ricchezza al giorno d’oggi ? Quali sono le fonti e le forze coinvolte nella creazione dei nuovi valori ? Su quali basi organizzare e legittimare la redistribuzione della ricchezza ? Ecco le questioni che devono essere poste di nuovo oggi, come all’inizio dell’economia politica. Adam Smith può a giusto titolo essere definito come il fondatore dell’economia politica, poiché operò abilmente un passaggio straordinario che sconvolse il mondo, Marx compreso, e che sembra funzionare al punto che nessuno osa più metterlo in questione : la produzione della ricchezza e la valorizzazione della ricchezza coincidono… Sulla base di questo primo colpo di forza, Smith ne introduce un secondo che avrà, questa volta, conseguenze politiche molto importanti per quasi due secoli : i soggetti della valorizzazione capitalista coincidono con i soggetti della produzione della ricchezza. C’è sì una produzione della ricchezza esteriore alla relazione capitalista, ma si tratta della semplice produzione di valori d’uso in vista dello scambio o della soddisfazione di bisogni la quale non porta in sé l’"auto-movimento", la dinamica innovatrice e autovalorizzante della produzione capitalista. Qui il riferimento è ai residui dei vecchi modi di produzione, destinati ad essere "subordinati", prima o poi, al modo di produzione capitalista. La critica più importante indirizzata all’economia politica (Marx e il marxismo), non ha mai messo in questione questa evidenza, essa si è limitata a distinguere tra lavoro e forza-lavoro per smascherare ciò che l’economia politica nasconde : lo sfruttamento interno alla relazione capitalista.
All’origine del valore, la differenza e la ripetizione Gabriel Tarde (1843-1904) è un outsider che tentò di far saltare questo accordo di fondo tra economisti e socialisti facendo leva su ciò che Smith aveva subordinato al lavoro diviso : l’invenzione e la cooperazione. Bisogna cercare l’origine della ricchezza nell’invenzione (forma sociale della Differenza Universale) e la costituzione di valori deve essere cercata nell’imitazione (forma sociale della Ripetizione Universale). L’invenzione e l’imitazione hanno, in primo luogo, la particolarità di non essere soprattutto forze economiche e, in secondo luogo, di essere la sorgente principale della "distruzione creatrice" per la quale Schumpeter definì la specificità della produzione di valore nelle condizioni capitaliste : la potenza immanente di cambiamento e di valorizzazione. La concezione di produzione della ricchezza di Tarde non prevede né un ritorno impossibile alla produzione di valori d’uso, né un ritorno alle nostalgie antropologiche dell’"economia del dono". Essa accetta la novità radicale della dinamica di forze sociali quali quelle che si esprimono nella modernità, ma essa rifiuta di descriverla attraverso la logica del "Capitale". La produzione della ricchezza di Tarde è innanzitutto una teoria della valorizzazione immanente delle forze animate dalla logica della Differenza e della Ripetizione.
Il non economico nella costituzione dei valori L’invenzione non è la sola forza non-economica che l’economia politica è obbligata ad escludere dal suo paradigma. Questa è costretta a separare radicalmente l’origine e la costituzione di valori "morali", estetici , politici dall’origine dalla costituzione di valori economici. O a vedere, come nel marxismo, in questi ultimi l’origine dei primi. Ciò che rappresenta per gli economisti una garanzia di "scientificità", è invece per Tarde un limite fondamentale, al punto che per quest’ultimo, già alla fine del XIX secolo la questione è stato quella di concepire una "scienza generale del valore". L’economia classica e l’economia neoclassica hanno sempre avuto le più grandi difficoltà ad integrare l’invenzione e la costituzione di valori non economici nel circuito del valore. Esse hanno da lungo tempo risolto il problema a priori, come una realtà che dovrebbe riguardare altre discipline, la sociologia, la scienza politica o il diritto. Si comprende bene questo passaggio : l’economia è una scienza della valorizzazione capitalista ed ha tutta la legittimità e le ragioni del mondo per procedere in tal senso. Tuttavia col suo sviluppo essa è obbligata ad introdurre ciò che aveva escluso all’inizio. Si pensi alla teoria del cambiamento e dell’innovazione tecnologica, la teoria dei costi di transazione, la teoria delle esternalità, la teoria dei beni pubblici, la teoria delle convenzioni, etc. tutto ciò è interpretabile a mio modo di vedere come una ritrattazione dell’atto fondatore di Smith. Non è vero che produzione della ricchezza e valorizzazione capitalista coincidono. Per spiegare la produzione del valore economico bisogna introdurre, sempre più, forze e dinamiche non immediatamente economiche. Affinché l’invenzione e l’imitazione giochino un ruolo nella spiegazione del fenomeno economico occorrerà attendere l’avvento del nostro secolo con Schumpeter e, più vicino a noi, l’ambiente degli anni ’80, con la teoria evoluzionista del cambiamento tecnologico, quando diviene chiaro che esse sono le forze motrici delle nuove forme di accumulazione e di un nuovo regime di proprietà fondato sul brevetto (diritto di proprietà sull’invenzione) e il copyright (diritto di proprietà sull’imitazione). Ma queste sono sempre e comunque considerate come forze economiche, come facoltà dell’imprenditore o più di recente dell’impresa.
Non confondere invenzione e lavoro Tarde si rifiuta di accettare l’incipit di Smith per render conto della Ricchezza delle Nazioni : la divisione del lavoro e l’abilità dell’operaio. All’inizio della Psicologia Economica afferma che invece di partire dalla produzione di spilli, può essere più interessante partire dalla "produzione di libri", poiché, in questo caso, la divisione "scientifica" del lavoro si rivela un ostacolo alla "produzione" e l’abilità degli operai un lavoro di riproduzione (la produzione materiale di libri). Ciò che, al contrario, è al cuore di tale processo produttivo è una forza che l’economia politica della sua epoca nega assolutamente : la conoscenza, cioè l’affetto più importante della metafisica di Tarde. In questo modello produttivo le forze dell’invenzione e dell’imitazione hanno un’altra caratteristica che bisogna segnalare subito : esse non sono, come il lavoro e l’utilità, fondate sulla rarità e il sacrificio ma si esprimono attraverso quello che gli economisti chiamano "rendimenti crescenti". "Chi" inventa non priva gli altri di alcunché poiché egli non fa che aggiungere qualcosa al reale ; e chi imita si appropria di ciò che copia senza privarne gli altri. Al contrario i brevetti e i copyrights introducono un principio di "rarità" nella cooperazione produttiva, ed è per questa ragione che i padroni della new economy sono esattamente elementi di "anti-produzione" per dirla come Felix Guattari o "parassiti", per usare i termini di Toni Negri.1 Tarde si scaglia su asserzioni comuni all’economia politica ed al marxismo. Le fonti del valore e della dinamica economica non risiedono né nel lavoro, né nel capitale, né nell’utilità, ma nell’invenzione e nell’associazione… Secondo Tarde gli economisti, omettendo l’idea di invenzione ed associazione, "hanno decapitato la loro scienza". Essi sono caduti nell’ "errore increscioso" di far rientrare l’invenzione nel lavoro, di confondere il capitale-materiale con il capitale-intellettuale e nello stesso modo, hanno raccolto sotto lo stesso termine "prodotto", i "prodotti detti materiali con i prodotti detti immateriali, confondendo le scoperte e la loro propagazione".2
La cooperazione delle piccole invenzioni "L’impulso fondamentale", per usare il linguaggio di Schumpeter, che mette in movimento la macchina economica, è dato dall’invenzione e dalla cooperazione, che per Tarde sono sinonimi, poiché concatenando in modo nuovo delle "forze ipopsichiche" (ecco uno dei neologismi di cui Tarde va matto e che bisogna intendere come la credenza e il desiderio, la potenza d’agire e la potenza di pensare in quanto forze "intra-sociali", sub-personali) e di forze "iperpsichiche" (la combinazione di desideri e di credenze, della potenza d’agire e della potenza di pensare in quanto forze sociali, sovra-personali) esse scoprono nuove combinazioni, nuove utilità, nuovi impieghi dei prodotti, degli uomini e delle loro relazioni. Esse creano così un "surplus". Tarde pone "allo stesso livello" l’invenzione e la cooperazione perché non si avvale di una concezione esclusivamente "cognitivista" dell’invenzione. La creazione di qualcosa di nuovo è sempre contemporaneamente una potenza di "adattamento" e una "combinazione" di forze, ossia una potenza di co-produzione. "L’essenziale di un’invenzione è di far utilizzare reciprocamente dei mezzi d’azione che prima sembravano distanti ed opposti ; è una associazione di forze sostituita a una opposizione o a una sterile giustapposizione di forze".3 L’ingegnosa idea di coalizzare dei "tentativi separatamente impropri a raggiungere il loro scopo", è così "assimilabile ad una invenzione". La cooperazione è allora una delle "forme più importanti di combinazione". Per invenzione o scoperta Tarde intende "una innovazione qualsiasi o un perfezionamento, anche minimo, apportato ad una invenzione anteriore, in ogni fenomeno sociale, linguaggio, religione, politica, diritto, industria, arte".4 Bisogna sottolineare immediatamente la differenza metodologica tra Tarde e Schumpeter il quale, per primo, fa della "distruzione creatrice" dell’innovazione il motore dell’accumulazione capitalista. Schumpeter ci mostra il modo in cui opera la scienza economica quando integra l’innovazione nel circuito di valorizzazione. Distinguendo tra invenzione e innovazione, egli annuncia che l’economia deve occuparsi di quest’ultima, mentre l’invenzione concerne altre scienze sociali. Ma questa separazione mutila la comprensione del fenomeno economico, poiché nega precisamente le sue fonti - che non sono esclusivamente economiche, tutt’altro. Per Tarde, al contrario, l’invenzione e la cooperazione che mettono in movimento la macchina economica non sono esclusivamente industriali, esse non trovano le loro fonti esclusivamente nella relazione capitale-lavoro. Esse possono così essere etico-politiche, estetiche, scientifiche, militari, giudiziarie, etc. Possono prodursi grazie alla cooperazione e alla forza-invenzione dei consumatori, dei locutori, del "pubblico", dei "teorici, meccanici o politici". La "distruzione creatrice" è l’opera di forze che in nessun modo si possono ridurre alla dialettica capitale-lavoro. Occorre dunque partire dalle "innovazioni più semplici" senza tener conto della difficoltà o del merito dell’innovazione e senza tener conto del loro grado di coscienza ("poiché spesso l’individuo innova a sua insaputa".) La "tendenza innovatrice", come ogni forza in Tarde, non è una forza immensa ed unica, esteriore e superiore ma infinitamente moltiplicata, infinitesimale e interna. "L’invenzione", per fragile che sia, "è il primo oggetto che la scienza sociale deve studiare", poichè per Tarde si tratta di ogni "piccola invenzione" la cui fonte non si trova solo nel cervello di un grande inventore, ma in una moltitudine di cervelli eterogenei. Se da una parte questa concezione di forze-invenzioni è una critica ante litteram della concezione "eroica" dell’imprenditore schumpeteriano, costruita ancora su una forza "immensa e unica, esteriore e superiore", essa assume d’altra parte la discontinuità, la rottura per la quale Schumpeter definì l’azione dell’imprenditore. Se gli elementi differenziali infinitesimali (le"piccole invenzioni") sembrano essere dei "cambiamenti graduali", le loro azioni, in realtà, sono sempre "distinte e discontinue". E’ il concetto stesso di "produzione del nuovo" che qui è in gioco. 

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