giovedì 2 maggio 2013

Viktor Erofeev: Quando la Russia sogna l’Unione Sovietica @ Repubblica, 30 aprile 2013


Quando la Russia sogna l’Unione Sovietica
di Viktor Erofeev 


In una fredda sera del 25 dicembre 1991 fui casuale testimone di una cerimonia tutt’altro che solenne: al Cremlino si ammainava la bandiera rossa. Non credevo ai miei occhi: possibile che quel mostro fosse davvero morto?
Ora mi sembra che la mia incredulità fosse in parte profetica. Si può far risorgere l’Unione Sovietica? O l’ipotesi appartiene a una cattiva metafisica politica che non poggia su alcuna base reale? Penso che fino a pochi anni fa giochetti del tipo “Facciamo risorgere l’Urss” sarebbero apparsi come una beffa. Ma i tempi cambiano, e nella coscienza del potere russo l’idea del ritorno ai valori sovietici sta diventando più dolce del miele.
Cominciamo dal tentativo di restaurare il concetto arcaico di popolo. È questo lo scudo che oggi il potere innalza contro qualsiasi dissenso.
Si civetta con il popolo, in particolare con la classe operaia, della quale chissà come negli ultimi vent’anni ci si era dimenticati. Il popolo è nuovamente chiamato a diventare eroe della storia, con il suo innato patriottismo, la sottomissione e la diffidenza per tutto ciò che è straniero. Agli eroi della storia odierna d’ora in poi sarà conferita, per iniziativa di Putin, la più alta onorificenza, quella di Eroe del Lavoro: simbolo assolutamente sovietico.
Come può tutto ciò conciliarsi con l’economia della Russia, orientata verso il capitalismo? In nessun modo. Ma se così ordineranno, si concilierà. Il passo successivo sarà la riesumazione del bel distintivo Gto: Gotov k Trudu i Oborone, “Pronto al lavoro e alla difesa”. Lo assegneranno in massa, come in Unione Sovietica, a tutti quelli che sono bravi nella corsa e nel salto, e nel contempo a difendere il paese dal nemico. Parallelamente, è prevista l’introduzione dell’uniforme scolastica obbligatoria per tutti i bambini e le bambine della Russia — ancora una volta, come nell’Urss.
Stiamo andando verso una generale caserma della felicità. Come reagisce a questo il nostro
popolo semimitico, che nei vent’anni dopo la fine dell’Unione Sovietica si è trasformato in
popolazione con un diverso livello di reddito e di bisogni, e con concezioni diverse circa i valori della vita? A dire la verità, il popolo reagisce fiaccamente. Fiaccamente perché è appunto semi-mitico e quindi semi-inventato. Rivolgendosi al popolo, il potere tenta di toccare le corde ideologiche, quelle dell’eterna anima russa e dell’ex Homo Sovieticus. Ma il popolo si è disgregato, diviso tra giovani che non sanno giocare all’Uomo Sovietico e anziani che guardano al potere attuale con indifferenza o sospetto. Per loro l’Unione Sovietica è proprio l’esempio di ciò che ora non vedono: dove sono le imprese spaziali? Dov’è l’assistenza medica gratuita? Dove sono gli alloggi a basso prezzo? Dove sono i nostri intellettuali? Mi capita spesso di parlare davanti a queste persone nelle biblioteche comunali: sono per lo più persone stanche, disilluse su tutto. Ma dubito che il potere russo nel suo giocare all’Unione Sovietica punti davvero su di loro. Punta in realtà sulle proprie ambizioni imperiali. Con la stessa instancabile consequenzialità con cui Stalin procedeva a riappropriarsi degli spazi dell’Impero russo perduti dopo la rivoluzione del 1917, il potere attuale aspira a riportare la Russia al rango di superpotenza. E questa è un’efficacissima arma nella disputa con ogni genere di opposizione politica, dai liberali ai nazionalisti: voi non fate che chiacchierare a vanvera, noi invece rimettiamo in piedi la Russia e la rendiamo invincibile. Il guaio di questo sogno è che Mosca parla con i vicini, fratelli ucraini in primis, in maniera brusca, perentoria, impaziente. Invece del sorriso e della seduzione, la voce brusca del fratello maggiore. Ecco, non riusciamo in nessun modo a sbarazzarci di questo tono da fratello maggiore, a cui ci siamo troppo abituati in epoca sovietica e addirittura zarista. Altrimenti forse li avremmo anche convinti. E adesso vivremmo tutti - russi, ucraini, georgiani - in una nuova Unione Sovietica, senza Lenin, ma con il rispetto per Stalin, senza kolchoz, ma in compenso con il gas e il petrolio. E della vecchia Unione Sovietica ricorderemmo solo il bene, il lato più gioioso ed eroico, mentre cancelleremmo dalla memoria tutto il resto, come una spiacevole inezia. E vivremmo felici, e voleremmo ogni giorno nello spazio — in barba a tutti voi!

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