lunedì 2 novembre 2015

4.2. L’insurrezione dei saperi assoggettati - Parte XXXII - Tratto da «Moneta, rivoluzione e filosofia dell'avvenire. Nietzsche e la politica accelerazionista in Deleuze, Foucault, Guattari, Klossowski» (Rizosfera/Obsolete Capitalism Free Press, 2016)


4.2. L’insurrezione dei saperi assoggettati


parte XXXII - IV capitolo

Tratto da «Moneta, rivoluzione e filosofia dell'avvenire. Nietzsche e la politica accelerazionista in Deleuze, Foucault, Guattari, Klossowski» (Rizosfera/Obsolete Capitalism Free Press, 2016)


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L’attenzione di Foucault viene diretta, nella lezione del 7 gennaio 1976, verso i ritorni di sapere che derivano da ciò che egli chiama «insurrezione dei saperi assoggettati». Per saperi assoggettati Foucault intende due cose ben precise: 1) i saperi che derivano da contenuti storici che egli ritiene sepolti e quindi passibili di una riscoperta riconducibile ad una ricerca «sontuosa» e, in un qualche modo, legata a una «caratteristica società segreta dell’Occidente» dai tempi dell’Antichità e cresciuta ai tempi del primo cristianesimo: la “grande, tenera e calorosa massoneria dell’erudizione inutile” - con il suo tipico humour sottile Foucault introduce qui il proprio lavoro e quello dei complici rizosferici alla stregua di una variante contemporanea di lotta e insurrezione della gnosi di derivazione alessandrina legata alla salvezza attraverso la conoscenza. La rizosfera francese sarebbe, seguendo questa maliziosa interpretazione anticristica-nietzscheana-accelerazionista foucaultiana, una sorte di neo-gnosi laica e rivoluzionaria che trasmette il proprio sapere e le proprie ricerche di generazione in generazione, nel nobile solco della tradizione ellenica-alessandrina.
2) i saperi che si suppone essere all’opposto dell’erudizione «polverosa e inutile» cioè i saperi squalificati, «bassi» - anche qui, presentati in modo sorprendente. In questa categoria di «saperi ingenui, gerarchicamente inferiori» perché senza i necessari requisiti scientifici e accademici, Foucault inserisce il sapere della gente comune, di strada - da non confondersi con il «senso comune» - quali il criminale, il folle, il malato, lo psichiatrizzato, il detenuto. Il sapere diretto dei marginali intrecciato con i saperi specifici dei lavoratori, degli operatori di settore, quali infermieri, medici, soldati, sarà un sapere senza «senso comune», un “sapere differenziale che non deve la sua forza che alla durezza che l’oppone a tutto ciò che lo circonda” (MP, 167).
A Foucault non sfugge il paradosso di declinare nello stesso schema rizomatico dei saperi assoggettati, «la biblioteca e la strada»: eppure egli trova in questa differenza ben tracciata la forza essenziale della critica operata dai discorsi discontinui. Per Foucault si tratta del «sapere storico delle lotte»: “Nei settori specializzati dell’erudizione come nel sapere squalificato della gente giaceva la memoria degli scontri, quella appunto che fino ad allora era stata tenuta al margine. E si è così delineato quel che si potrebbe chiamare una genealogia, o piuttosto delle ricerche genealogiche molteplici, insieme riscoperta meticolosa delle lotte e memoria bruta degli scontri. E queste genealogie, come accoppiamento di sapere erudito e del sapere della gente, non sono state possibili, e non si è nemmeno potuto tentarle che ad una condizione: che fosse cioè eliminata la tirannia dei discorsi globalizzati colla loro gerarchia e tutti i privilegi dell’avanguardia teorica» (MP, 168). Qui Foucault tenta una prima restituzione del suo progetto d’insieme in cui, generosamente, ingloba e allinea i componenti francesi della rizosfera e, in primis, proprio gli estensori dell’Anti-Edipo, nonostante la descrizione minuziosa dei «ritorni di sapere» si adatti perfettamente al proprio stile di ricerca, intrapreso fin dall’inizio dei corsi del Collége de France (1970) e portato avanti sino al termine del corso 1975-1976, prima dell’anno fatidico, il 1977, anno in cui un Foucault in crisi sospende il proprio corso. Si tratta dell’annus horribilis di Foucault, attaccato da più parti, tra cui ricordiamo il Dimenticare Foucault di Baudrillard, e l’inizio di una profonda riarticolazione di pensiero, analisi e prassi politica che porterà al successivo gelo con Deleuze e in pratica alla liquefazione della complicità sotterranea della comunità rivoluzionaria nietzscheana francese. Ciò che però appare prodigioso è il modo in cui Foucault lega il proprio lavoro di ricerca all’azione di lotta e critica dei compagni rizosferici accreditando la forza essenziale della critica e del «successo» di quegli anni proprio alla discontinuità e alla de-centralizzazione delle pratiche e dei discorsi che Klossowski, Deleuze e Guattari, Blanchot e Lyotard, tra gli altri, ma in prima linea, hanno portato avanti. Per Foucault è possibile, nel 1976, definire questa critica: “Chiamiamo genealogia l’accoppiamento delle conoscenze erudite e delle memorie locali, che permette la costituzione d’un sapere storico delle lotte e l’utilizzazione di questo sapere nelle tattiche attuali” (MP, 168). Durante la stessa lezione, Foucault lega la genealogia alla lotta contro la presunta «scientificità» delle nuove scienze, il marxismo e la psicanalisi, ree di essere portatrici di «ambizioni di potere» nemmeno tanto celate e dunque alla ricerca degli «effetti di potere» che solitamente vengono assegnati dalle istituzioni alle scienze intronizzate. A questo proposito, per Foucault, “la genealogia sarebbe dunque, rispetto e contro i progetti d’una iscrizione dei saperi nella gerarchia dei poteri propri della scienza, una specie di tentativo per liberare dall’assoggettamento i saperi storici, renderli cioè capaci d’opposizione e di lotta contro la coercizione d’un discorso teorico, unitario, formale e scientifico. La riattivazione dei saperi locali - minori, direbbe forse Deleuze - contro la gerarchizzazione scientifica della conoscenza ed i suoi effetti intrinseci di potere: ecco il progetto di queste genealogie in disordine e frammentarie. Per dirla in due parole, l’archeologia sarebbe il metodo proprio dell’analisi delle discorsività locali, e la genealogia la tattica che, a partire dalle discorsività locali così descritte, fa giocare i saperi, liberati dall’assoggettamento, che ne emergono” (MP, 170).

Un percorso a parte nel lavoro di Foucault, all’interno dei rapporti genealogia/archivio prima delineati, viene riservato alla moneta fin dalle prime lezioni del corso inaugurale del 1970-1971, all’indomani del riemergere in Klossowski e Deleuze dei temi nietzscheani di volontà di potenza, formazioni di sovranità, pulsione e valore. Infatti, un primo assaggio della possente e innovativa capacità critica su questa prospettiva che ingloba desiderio/volontà di potenza/economia «rizomatica» universale/inconscio fisico e noologico arriva dal debutto autoriale di Deleuze e Guattari sotto il segno di Klossowski. La synthèse disjonctive è il titolo del primo articolo a firma congiunta: pubblicato nel terzo trimestre del 1970 sul numero monografico, il 43, della rivista L’Arc dedicato a Klossowski, il testo compare già come «estratto di un libro intitolato Capitalismo e schizofrenia». Lo stile di scrittura è già quello fantasioso, trasversale, aggressivo, umoristico e “genealogico” dell’Anti-Edipo. La synthèse disjonctive è un efficace preludio a una deflagrazione annunciata: Foucault ne intuisce immediatamente gli effetti collaterali sullo stile e sui contenuti della propria ricerca.
( SEGUE QUI )

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