giovedì 4 giugno 2015

Per una teoria delle minoranze: Non scalfire ma scartare - Parte IV - (tratto da Archeologia delle minoranze: Intervista con Franco Motta - uscita prevista Settembre 2015)


Non scalfire ma scartare  

( Parte IV di « Per una teoria delle minoranze »)

di Obsolete Capitalism


Valuteremo a tal proposito alcune teorie, che qui potremmo definire come prime architravi di una teoria delle minoranze in fieri, ritenendole più consone al discorso qui trattato. Filosofi e sociologi come Badiou, De Landa, Deleuze, Guattari, Moscovici e Simondon hanno elaborato, nella seconda metà del Novecento, delle trame concettuali che teorizzano implicitamente l'inutilità di matematizzare la dimensione politica del sociale. Ogni modello numerico-computazionale applicato alla sociologia, compreso il modello brutalista e neo-aristocratico di Gaetano Mosca dell'antagonismo tra governanti e governati (Elementi di scienza politica, 1896), per quanto logicamente concatenato, si pone essenzialmente su assiomi necessari per armonizzare e contenere il reale così da renderlo matematizzabile, e dunque pensabile e ordinabile, attraverso processi di astrazione dalla pura contingenza, vedi Vilfredo Pareto (Trattato di sociologia generale, 1916). Ma il Tutto non è dato, come ci ricorda Bergson (Le due fonti della morale e della religione, 1932). E' dunque sufficiente un minimo scarto, rispetto ai dati operativi di partenza, affinché si consegua un risultato del tutto difforme a quanto preventivato. E qualcosa "sfugge sempre", o come scrive Deleuze (Differenza e ripetizione, 1997) "Dio fa il mondo calcolando, ma i suoi calcoli non sono mai giusti". Nonostante sia sistematizzata, controllata, documentata, archiviata, digitalizzata, la realtà scarta sempre e accelera. Ecco nascere, come antidoto all'eccesso di ratio che tutto illumina, il sistematico abbandono, durante il XX secolo, delle trame dell'Ordine, del riduzionismo logico-matematico e dei "cicli di conversione Natura-cultura-Natura" da parte delle filosofie di rottura post-strutturaliste. Detto altrimenti, "diversamente dalla logica, la questione non è di costruire dei sistemi logici preliminari e poi cercare di vedere come funzionano" rispetto al dato empirico, "ma di assemblare alcune unità molto semplici e interessarsi delle proprietà emergenti" (Fabbri, Come Deleuze ci fa segno, 1997). Se applichiamo, a puro titolo di analogia, tali scarti, fughe o resistenze, più o meno ideologiche, più o meno arcaiche, alla svolta matematica della razionalità occidentale nel campo bellico - contiguo, in ogni caso, al campo socio-politico - vediamo come le minoranze resistenti non occidentali, siano esse dei goliath vietcong o talebani, riescano a superare la logica astraente e matematizzante delle gerarchie militari occidentali offrendo unicamente la propria disintegrabile corporeità, altèra rispetto alle condizioni di schieramento di robotiche, sistemi lineari di controllo istantaneo e griglie coordinate di droni, missili, satelliti e altre sofisticate armi delle attuali guerre non convenzionali. "La Storia", come sostengono Deleuze e Guattari, "è fatta soltanto da coloro che si oppongono alla Storia". Gli oppositori minori alla Storia maggiore contrappongono alla bellica ipertrofizzata dell'astrazione logico-matematica, la più antica delle strategie caotiche, la stasiologia. La macchina rovesciata della guerra civile invade la città e fa del popolo l'obiettivo stesso della stasis.  ( segue QUI )


(tratto dall'e.book Archeologia delle minoranze. Intervista con Franco Motta su "Elogio delle minoranze" - in uscita a Settembre 2015)

picblog: Ryoichi Kurokawa - Syn_2014 (fragment)

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